di Peppe Porcaro
Non sono mai stato fatto oggetto di minacce per la mia attività pubblicistica. Di critiche a iosa, ma minacce mai. Lo dico in premessa, così è ben chiara la difficoltà che provo ad immedesimarmi nello stato d’animo di Danila De Lucia, di Messaggio d’Oggi, che invece da minacce e avvertimenti d vario genere viene, suo malgrado, attenzionata da circa un anno.
Ne scrive lei stessa sul Messaggio d’Oggi del 4 novembre, articolo poi rilanciato anche dal Blog che ci ospita. La difficoltà di immedesimazione non attenua però la mia sensibilità, ne mi preclude la possibilità, per esprimere da questa finestra la più convinta solidarietà e vicinanza ad una giornalista che quotidianamente svolge il suo lavoro, bene o male non è materia di analisi in questa sede, in una città che i più ancora si ostinano a considerare un’isola felice.
Felice, perché? Felice, come? Certo non viviamo le condizioni di degrado cui sono costrette ampie fasce di popolazione della nostra regione, ma i segnali da qualche tempo non vanno purtroppo nella direzione della felicità collettiva. Basta del resto volgere lo sguardo alla cronaca spicciola: escalation di furti nelle abitazioni, automobili che “spontaneamente” prendono fuoco quando non spariscono del tutto, aumento del traffico e dello spaccio di droga, livello non più sostenibile del tasso di disoccupazione. O forse si può considerare isola felice un territorio il cui PIL è in discesa costante e dove non si intravedono vie di accesso allo sviluppo? Possiamo forse considerarci felici quando non riusciamo a garantire un futuro certo ai nostri giovani? O ostentiamo forse felicità quando, distrattamente, ci limitiamo a osservare il continuo e costante esodo della nostra migliore gioventù?
E dico migliore non alludendo soltanto al livello di scolarizzazione ma perché sono sempre i migliori quelli che decidono di partire, quelli che hanno il coraggio di mettersi in discussione, di ri/mettere in discussione la propria vita, i propri affetti, e che abbandonano la comoda protezione familiare per provare, lontano, a ri/farsi un’esistenza.
Non siamo più dunque un’isola felice, se mai lo siamo stati per davvero. Forse in passato siamo stati più isola, nel senso proprio di isolati, separati dal resto, appunto. Oggi cominciamo, invece, ad avvertire la spinta dei territori a noi più prossimi per mera vicinanza geografica: la monnezza, ma non solo, è li a ricordarcelo.
Si ha come l’impressione di essere accerchiati. E come fai ad esser felice, come singolo e come collettività, quando sei assediato? A Danila, da un anno ormai, arrivano lettere anonime, insulti, minacce. A noialtri, più gentilmente, ci impongono da tempo di diventare la pattumiera generale della Campania, la valvola di sfogo di una Regione ormai al collasso e in cerca di terre vergini da conquistare. Rischiamo di diventare una sorta di riserva indiana, un luogo privilegiato al saccheggio (di acqua, aria e territorio), con le giubbe blu a difesa dei conquistatori.
Esprimiamo solidarietà e vicinanza a Danila De Lucia, dunque. La stessa solidarietà e vicinanza che esprimiamo collettivamente a noi stessi. Danila, è il nostro augurio, prima o poi ne verrà fuori. E noialtri?