“Ho messo da parte un tesoretto: sono rimasto nel carcere di Benevento 43 giorni, ne dovevo scontare venti. Ho un credito verso lo Stato di 23 giorni di galera che magari in futuro mi torneranno utili”. È sereno Gianluigi Guarino, il giornalista con natali sanniti e area d’azione professionale il Casertano arrestato dai carabinieri all’alba del 9 luglio e rimesso in libertà dai magistrati di Salerno il 20 agosto. E spiega: “con cinque condanne per omesso controllo su articoli pubblicati quando dirigevo il Corriere di Caserta, tutte firmate non da magistrati, ma da giudici onorari di tribunale (got), avevo accumulato tre anni e un mese di reclusione, ma grazie alle istanze del mio avvocato, Raffaele Gaetano Crisileo, è stata Franco ricalcolata la pena, applicando la ‘continuazione’ del reato, e poi è scattato il condono; da qui la condanna, già scontata, a venti giorni di detenzione”.
L’ex direttore del Corriere ammette la grave superficialità con la quale ha gestito vicende delicate come le querele che lo riguardavano; l’ex presidente dell’Ordine della Lombardia Franco Abruzzo, riportando sul suo sito la notizia dell’arresto e poi della scarcerazione, lo ha definito “giornalista distratto e autolesionista”.
Infine Guarino sottolinea due aspetti che riguardano l’Ordine regionale dei giornalisti, tralasciando la striminzita nota di solidarietà dell’Assostampa che riesce persino a sbagliare il nome della testata per la quale lavorava. “È buffo – dice – che nel consiglio dell’Ordine che mi ha sospeso con straordinaria velocità, come del resto prevede la legge istitutiva, sieda con l’incarico di tesoriere Pino De Martino, direttore editoriale del Corriere di Caserta, il quotidiano che ha pubblicato gli articoli per i quali sono andato in galera. Ed è altrettanto buffo che appena quarantotto ore dopo l’arresto mi sia stata notificata la sospensione dall’albo dei giornalisti, mentre da quando sono uscito dal carcere di Benevento non abbia ancora ricevuto nessuna comunicazione dal presidente dell’Ordine Ottavio Lucarelli”.
FONTE: IUSTITIA