di Giancristiano Desiderio
Quattro su dodici è un ottimo risultato. Per ora. Bisogna vedere quanti e chi della quaterna farà parte della cinquina finale del LXII Premio Strega. Ma, ora, accontentiamoci: a Napoli, le lettere, almeno quelle, godono di buona salute. Così Ermanno Rea con Napoli Ferrovia (Rizzoli), Giuseppina De Rienzo con Vico del fico al Purgatorio (Manni), Diego De Silva con Non avevo capito niente (Einaudi) e Ruggero Cappuccio con La notte dei due silenzi (Sellerio) sperano, com’è naturale che sia, di essere alla notte stregata del 3 luglio al Ninfeo di Villa Giulia. La loro speranza è pari a quella degli altri otto autori in gara che ieri sera Tullio De Mauro, direttore della Fondazione Bellonci, ha annunciato per la prima volta nella lunga storia dello Strega proprio a Benevento, la città dello Strega e dell’ “imprenditore umanista” Guido Alberti come è stato definito da un commosso Antonio Maccanico, presidente della Fondazione Bellonci. Dunque, i napoletani dovranno vedersela con Cristina Comencini e il suo L’illusione del bene (Feltrinelli), con La guerra dei cafoni (minimum fax) di Carlo D’Amicis, con il romanzo di Paolo Giordano La solitudine dei numeri uno (Mondadori), con Ron Kubati, albanese e cittadino italiano, e il suo Il buio del mare (Giunti), con Giuseppe Manfridi autore di La cuspide di ghiaccio (Gremese), con la Razza bastarda (Fanucci) di Cristina Fasciola, con le Tre volte invano (Instar Libri) di Emiliano Poddi e, infine, con Le seduzioni dell’inverno (nottetempo) di Lidia Ravera. La gara è aperta.
La novità del Premio Strega di quest’anno – ci scuseranno gli autori – è lo stesso Premio Strega. Benevento, ieri, nello stesso stabilimento del notissimo liquore dalla particolare bottiglia, ha dato per la prima volta in sessantadue anni di storia il là alla gara letteraria. E’ un giusto riconoscimento a una cittadina d’arte e storia che fin dal principio ha visto legato il suo nome a quello che sarebbe diventato fin dai suoi primissimi anni il più prestigioso premio letterario nazionale. Il premio. “Non c’è dubbio che se il premio si fosse chiamato in un altro qualsiasi nome”, ci dice Tullio De Mauro che qui parla più da illustre linguista che da direttore della Fondazione Bellonci, “non avrebbe avuto il successo e l’affermazione che tutti sanno. Il nome Strega intriga, incuriosisce”. “E’ un nome popolare, sulfureo e leggendario”, dice Antonio Maccanico, “che indubbiamente ha portato fortuna”. Il comune di Benevento, come non hanno nascosto né l’assessore Raffaele Del Vecchio, né il sindaco Fausto Pepe, spera che “il fidanzamento di oggi sia il matrimonio di domani”, che Benevento sia la sede definitiva da dove ogni anno il Premio Strega inizia il suo viaggio in Italia per poi approdare nella prima settimana di luglio al Ninfeo di Villa Giulia a Roma. La cittadina dove lo Strega è di casa fa, dunque, il tifo per sé, ma anche per il romanzo storico di Ruggero Cappuccio visto che lo scrittore e regista napoletano ha legato per qualche anno il suo nome alla direzione artistica di Città Spettacolo, il festival teatrale beneventano che ha ormai trent’anni di vita. “In La notte dei due silenzi”, scrive Raffaele La Capria presentando in qualità di “amico della domenica”, “entrano in campo eroi ed eroine d’altri tempi spinti dalla passione d’amore e dal gioco del destino, e un re, un re Borbone, ascolta le loro storie. Il linguaggio di questo libro è pieno di invenzioni ed è talmente variegato che a volte sembra conquistare per sé in esclusiva l’attenzione del lettore”. Conquisterà, c’è da giurarci, senz’altro uno dei “voti collettivi” degli “Amici della domenica”, ossia quello del Liceo Classico Giannone di Benevento.
Al di là della legittima partigianeria, sostenuta, per carità, senz’altro da un buon giudizio di gusto, la gara si annuncia agguerrita. Un diplomatico Tullio De Mauro dice che “mai come quest’anno la gara è aperta, ci sono molti editori in gara, il che vuol dire che non si sono accordati prima sul vincitore”. Può darsi. Ma, come diceva nel suo libro di memorie Il Premio Strega proprio la madre dello Strega, Maria Bellonci, “ebbi la percezione di avere architettato una polveriera che ogni anno in qualche modo sarebbe esplosa”. Esploderà anche quest’anno, quando “la sporca dozzina” sarà diventata la cinquina finale e allora il gioco sarà quello vero e decisivo. Vogliamo fare una scommessa? Dei quattro napoletani due saranno in gara: De Silva e Rea (non ce ne vogliano né Cappuccio, né De Rienzo: è un gioco), ma dovranno vedersela con Cristina Comencini, Paolo Giordano e la sorpresa della letteratura d’immigrazione rappresentata da Ron Kubati. Il libro della Comencini, L’illusione del bene, con la sua storia che scava dentro i fallimenti della Storia e con la sua “lingua narrativa” (definizione di Filippo La Porta) sembra una macchina perfetta per la vittoria finale. Qui la letteratura ha un fine. Sembra che si sposi bene con quel motto che Mino Maccari volle inciso sull’urna che realizzò per le votazioni degli “Amici della domenica” in casa di Goffredo e Maria Bellonci. Su quell’urna, dice Antonio Maccanico, il “selvaggio” Maccari disegnò una strega su una scopa e una bottiglia. Poi volle lo slogan: “Se la strega ha una scopa, la letteratura deve avere uno scopo”.
(pubblicato sull’edizione odierna del Corriere del Mezzogiorno)