Sarà che l’era dei social network ci sta abituando tutti a poter dire la propria a margine di qualsiasi affermazione, cliccando semplicemente su “commenta” ed inserendo il nostro pensiero, ma sta di fatto che il vizio di commentare ed esprimere il proprio pensiero sta probabilmente crescendo in tutti noi. Un vizio capitale, perchè è persino garantito dall’articolo 21 della nostra Carta Costituzionale che, com’è noto a tutti, è prossima all’abrogazione.
Il problema sorge quando non siamo su Facebook, ma su un sito in cui i commenti devono essere vagliati e moderati prima di venire pubblicati. E’ qui che infatti può succedere di venire censurati, del tutto o solo in parte. Il fatto è poi quello di capire i motivi per cui ci si vede rimuovere un proprio libero pensiero da uno spazio che, seppur privato come quello di un sito d’informazione, svolge comunque un servizio pubblico che è quello di informare.
Fino a quando il commento censurato lo avevamo inserito in forma anonima, la censura ci sta tutta. Stessa cosa se nel testo avevamo inserito qualche vaff o qualche altro termine offensivo o diffamatorio, tipo quelli che i nostri rappresentanti si affibiano quando stanno alla Camera o al Senato, giusto per intenderci. Ancor peggio se l’intento del nostro commento era quello di ingiuriare qualcuno: nessuno potrebbe a quel punto lamentarsi della censura inferta. Ma quando nessuno di questi elementi era presente nel commento da noi scritto, nell’ambito di una conversazione peraltro già avviata con commenti che ad altri non erano stati rimossi, come giustificare una moderazione tagliente e sferzante come la sciabola di una vera e propria censura? Come spiegare il fatto che il nostro commento non si vede affatto pubblicato?
Forse in certi casi le ragioni vanno ricercate altrove. Bisogna mettere a fuco l’immagine di testata del sito d’informazione in questione, leggere il nome del direttore e ricordarsi qualche informazione in più su di lui, sfogliare più a fondo il sito stesso per vedere come esso si pone nei confronti del “principe”. Poi magari sarebbe opportuno anche focalizzare l’attenzione sull’articolo che si intendeva commentare, perchè se si tratta di notizia pubblica di notevole interesse, che coinvolge magari qualche rappresentante politico, beh che cosa si pretende?! E’ normale che si attui una censura così spudorata, in quanto il buon nome e la credibilità del personaggio di cui si parla nell’articolo non devono mai essere scalfite. E pazienza se il commento era firmato e conteneva linguaggio e affermazioni del tutto idonee persino alla lettura di un bambino.
Il punto è, nel nostro periodo storico, che intercettazioni sì o intercettazioni no non saranno i cittadini a decidere come essere informati. Ci sarà sempre un editore (non per forza di destra come credono – scioccamente – in molti) che nell’informazione nazionale quanto locale si venderà ai servigi del “principe” per farlo apparire sempre più splendente degli altri. D’altra parte quando ci sono di mezzo i soldi… la carne è debole. E la carta pure. L’unica osservazione che rimane da fare è che, forse, qualche testata giornalistica farebbe meglio, per dignità e rispetto della restante parte onesta della categoria giornalistica, a far iscrivere nelle proprie targhette e intestazioni una dicitura più consona: “Ufficio di Propaganda”, per esempio.