di Rosanna Carpentieri *
L’articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963 , istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti, precisa che è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, mentre è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.
L’art. 32 del contratto di lavoro giornalistico specifica i “legittimi motivi di risoluzione del rapporto”, cioè quelle che vengono normalmente definite clausole di coscienza, nei quali casi il giornalista può cessare il contratto.
Una delle motivazioni che potrebbero spingere il cronista a chiedere la risoluzione del contratto riguarda, con non somma sorpresa, “il sostanziale cambiamento dell’indirizzo politico del giornale”.
Si considera dunque scontato il fatto che, le testate giornalistiche in Italia, siano prima di tutto testate di propaganda e, in effetti, il giornalismo italico è nato, cresciuto e pasciuto tra le trame della militanza partitica. Questo tipo di approccio fazioso ed appunto politico del cronista poteva andar bene qualche anno fa, quando internet non esisteva o comunque era molto poco diffuso e le informazioni che arrivavano ai lettori erano filtrate in via esclusiva da un ristretto numero di persone. Soprattutto, quando la cittadinanza non soffriva di questa idiosincrasia generalizzata nei confronti della classe dirigente (sia essa di cosiddetta destra o di cosiddetta sinistra) e non poteva tramutarsi essa stessa in reporter andando a ricercare in prima persona le notizie o addirittura producendo veri e propri documentari in autonomia.
Oggi, dunque, un certo tipo di filosofia utilizzata per la diffusione e pubblicazione delle notizie si presenta in tutta la sua devastante pateticità e prevedibilità e rappresenta uno dei motivi che spingono i quotidiani cartacei a morire e, più in generale, il giornalismo italiano a zoppicare in attesa del colpo di grazia. A questo c’è da aggiungersi un dettaglio fondamentale: il fatto che le news che si trovano sul cartaceo siano tutto tranne che news, fresche e “nuove”.
Esempio? Provate ad andare in edicola a comprare La Repubblica, Il Corriere della Sera o Il Giornale, o qualsiasi altro quotidiano. Noterete che, nelle prime pagine, ci sono tutte notizie già disponibili su google news dalla sera precedente. La domanda che si pone il lettore è semplice: perchè dovrei pagare anche solo dieci cent per avere informazioni che potevo trovare in rete, gratis, già dieci ore prima? Qualcuno potrà osservare:”Ma sui quotidiani trovo comunque gli approfondimenti e gli editoriali”. Ma perchè, su internet queste cose forse scarseggiano? Ci sono intere video – enciclopedie dei più disparati argomenti disponibili on-line e consultabili in maniera del tutto gratuita. Oramai anche la cronaca locale e gli “approfondimenti” tipici dei quotidiani si trovano sui siti web delle testate.
Se a questa facilità di reperimento delle informazioni si aggiunge che il 90% delle volte, ciò che si trova scritto sui giornali è “politicizzato” e quindi assolutamente distorto ed anti – obiettivo, noterete con facilità che non c’è praticamente quasi più alcun motivo per il quale un lettore dovrebbe essere invogliato a spendere un euro per sfogliare un quotidiano.
Pur con questa precisazione, il problema vero però non è internet e le nuove potenzialità – frontiere del web! Il problema vero è la stampa non libera dai partiti e da altre forme di asservimento e tale criticità esiste da molto prima del berlusconismo in auge, riguarda la destra come la sinistra e resterà vivà anche dopo la caduta del Premier. Ciò che invece rischia di non restare vivo, se regole e giornalisti non cambieranno celermente e radicalmente, è la stampa stessa.
L’unica cosa che può vincere e permettere ad un giornalista di essere credibile è solo l’onestà intellettuale e la libertà da altri organi di potere. Il futuro è solo questo, e farebbero bene a rendersene conto quelle testate che o osservano il silenzio omertoso e clericale (vedasi silenzio stampa de Il Mattino sulle intercettazioni della conversazione tra Sindaco di San Giorgio del Sannio e l’imprenditore Barletta che pure ha “scoperchiato” uno spaventoso malaffare ed una vergognosa commistione tra istituzioni pubbliche e privato; vedasi silenzio stampa di quasi tutte le testate locali, con la sola eccezione di Gazzetta di Benevento, sui lavori della “Giornata antiracket a sostegno della legalità e della trasparenza” del 21 maggio scorso a Benevento), o minimizzano l’emergenza criminalità a Benevento (vedasi Il Sannio Quotidiano, diretto dall’onorevole Luca Colasanto, che decide di non prendere neppure in considerazione un comunicato stampa di Altrabenevento, per commentare il silenzio delle associazioni di categoria riguardo i recenti atti intimidatori a danno di commercianti ed imprenditori locali) oppure ti censurano persino i commenti quando fai loro notare che politica e giornalismo sono due cose ben distinte (vedasi Il Quaderno sulla strumentalizzazione politica ed elettoralistica da parte di un politico (Soricelli del Gruppo Misto n.d.r.) della vicenda dei lavoratori della Telsey di San Giorgio del Sannio, ora inspiegabilmente in cassa integrazione straordinaria… La testata in questione dà ampio spazio all’opinione dell’esponente politico, ammesso che possa fare notizia un’opinione di un politico, senza aver preventivamente analizzato e sviscerato “i fatti” di cui all’articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963 . Ma dei lettori che hanno espresso commenti di vario genere : solidali , critici , non gregari ma, soprattutto firmati, non v’è traccia perchè l’insindacabile e autoritario “filtro redazionale” ha deciso di non renderne libera la fruizione e la critica ! ) .
Se i giornalisti italiani, locali e nazionali, non si decideranno ad alzare la testa e a guadagnare in dignità e credibilità, rendendosi anche conto che possono essere più potenti dei politici stessi, non potranno godere di nessuna garanzia futura. Già adesso la situazione è quasi drammatica.
In verità, dal canto nostro, noi riteniamo che il giornalismo indipendente è incredibilmente motivante e gratificante. Che i vari servi e parolai assaggino il potere vero di una penna abile e slegata: noteranno che lo stipendio morale che si riceve dalla stima e dall’autorità conferita dai lettori, senza alcuna ingenua retorica, vale molto più di qualsiasi guadagno materiale e, soprattutto, rinvigorisce quel famoso quarto potere che tanto bene farebbe alla democrazia claudicante di questa provincia e di tutto il Paese.
* Coordinatrice del Comitato “Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia