di Marcello Di Sarno
Un mix di cultura statunitense e sannita è inscritto nel DNA di Billy Nuzzolillo, nato quarantanove anni fa a Paterson, città del New Jersey, conosciuta nell’Ottocento come “città della seta”.
Stabilitosi con la famiglia a Cerreto Sannita, nel Beneventano, ha trovato nel capoluogo sannita la sua realizzazione professionale come giornalista a 360° ed esperto in comunicazione istituzionale.
Dopo gli esordi, tra gli altri, con “Il Giornale di Napoli” e “Il Roma”, è arrivata la consacrazione attraverso le prestigiose collaborazioni con “La Voce” di Indro Montanelli e il “Corriere del Mezzogiorno”, inserto campano del più illustre “corriere” di via Solferino.
Nel 2002 esordisce come autore con il volume “Cerreto Sannita: un modello di ricostruzione post-sismica” (Edizioni Sanniopress), salito alla ribalta dei tg nazionali, all’indomani del sisma che, ad aprile dello scorso anno, ha colpito L’Aquila e diverse zone dell’Abruzzo.
Nel contempo, intraprende la strada della comunicazione istituzionale, dapprima come addetto stampa della Camera di Commercio di Benevento, successivamente come addetto stampa del Comune di Benevento, ruolo che tuttora ricopre.
A quest’attività affianca, oggi, quella di direttore di Sanniopress.it, quotidiano online da lui fondato nel 1999, e di presidente dell’associazione culturale Sanniopress ONLUS.
Informazione, cultura, impegno sociale, sono alcune delle principali voci che scandiscono il suo vivere quotidianamente Benevento e che ripercorre nell’intervista concessa per Comuni-Italiani.it
Tra modelli d’oltreoceano e nostrani, quando e com’è nata in lei la passione per il giornalismo?
A dire il vero, sin da piccolo, ho sempre detto che come lavoro avrei fatto il giornalista. Una vera e propria passione, insomma. Il mio modello è sempre stato rappresentato da Bob Woodward e Carl Bernstein, i due cronisti del Washington Post che, con le loro inchieste, fecero scoppiare lo scandalo Watergate.
Non mi stancherò mai di vedere il film “Tutti gli uomini del presidente”, che narra proprio le gesta dei due giornalisti americani che fecero dimettere Nixon. Del resto io sono nato negli States e tutt’ora conservo anche la cittadinanza statunitense. Mi sento, quindi, particolarmente legato a quel paese.
Che ruolo ha avuto Benevento in questo percorso professionale?
Ho iniziato a lavorare nel settore giornalistico proprio a Benevento. Era il 1990 e sono entrato a far parte della redazione de “Il Roma”, che tornava in edicola dopo molti anni di assenza. E, comunque, anche quando abitavo ancora al mio paese d’origine, Cerreto Sannita, per motivi di carattere professionale dovevo comunque recarmi quasi quotidianamente nel capoluogo sannita.
Le successive esperienze giornalistiche maturate con la “La Voce” di Indro Montanelli e il “Corriere del Mezzogiorno” le ho vissute a metà tra Benevento e Napoli. Dal 1999, poi, sono stato assunto al Comune di Benevento con la qualifica di addetto stampa. Insomma, il mio percorso professionale è indissolubilmente legato al capoluogo sannita.
L’informazione a Benevento e nel Sannio: come si caratterizza rispetto al contesto regionale? Cosa cercano, ad esempio, i lettori di Sanniopress?
L’informazione nel Sannio si è sempre contraddistinta dall’elevato numero di periodici, soprattutto se rapportata al numero degli abitanti o dei lettori. Lo stesso fenomeno sta riguardando ora Internet. Negli ultimi due anni, infatti, sono nati numerosi quotidiani online. Al momento ce ne sono almeno sette e vengono aggiornati, tutti, più volte al giorno.
Per quanto riguarda poi le notizie cercate dai lettori, la realtà sannita non si discosta molto dal contesto regionale: politica e cronaca la fanno da padrone. I lettori di Sanniopress cercano all’interno del sito le notizie che gli altri non danno o cui viene riservato poco spazio. E, poi, è grosso l’interesse nei confronti dei blog contenuti all’interno del sito. Oltre al mio, vi sono quelli curati da Giancristiano Desiderio, Peppe Porcaro e Simone Aversano. Quest’ultimo è un po’ il mio alter ego all’interno di Sanniopress.
Smessi i panni del giornalista, quali luoghi di Benevento scandiscono la sua quotidianità?
In realtà, appena posso, mi rifugio nella mia abitazione di Cerreto Sannita. Conservo, infatti, un legame strettissimo con il mio paese d’origine e con i luoghi dell’infanzia. Di Benevento apprezzo soprattutto due luoghi: il Corso Garibaldi e l’Hortus Conclusus. Il Corso, da qualche anno pedonalizzato, è il luogo ideale per una passeggiata rilassante. Lo frequento soprattutto nelle ore in cui è meno affollato. L’Hortus di Mimmo Paladino, situato nei pressi del Corso Garibaldi, è invece un luogo d’arte permeato da un’intensa spiritualità. Un giardino in cui la natura si fonde con le opere del più famoso artista sannita.
Guardando al suo impegno con l’associazione “Sanniopress onlus”, quanto e in quali appuntamenti si manifesta la vivacità culturale della comunità beneventana?
Nel complesso, gli appuntamenti culturali non sono particolarmente seguiti a Benevento. Anche perché l’offerta è molto ampia e il pubblico si disperde. Per quanto riguarda l’iniziativa “Nonsololibri”, giunta quest’anno alla seconda edizione, gli appuntamenti più seguiti sono in genere quelli legati al tema della legalità.
L’anno scorso c’è stata una buona affluenza di pubblico alla presentazione del libro “L’oro della camorra”, della collega Rosaria Capacchione. Allo stesso modo, anche quest’anno le presentazioni più seguite sono state quelle del libro “Il cappio” del sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, Maurizio De Lucia, e del libro “O’ cecato” della giornalista Daniela De Crescenzo.
Nell’album dei ricordi, quale articolo su Benevento occupa la prima pagina?
Purtroppo è legata ad un evento luttuoso: la morte di un neonato nell’incubatrice, avvenuta nel 1999, di cui si occupò per giorni anche la stampa nazionale. Seguii il tragico evento per conto del Corriere del Mezzogiorno e, nonostante la presenza dell’inviato del giornale venuto da Napoli, mi fu affidato il compito di redigere l’articolo principale. Il giorno dopo ricevetti persino i complimenti telefonici del direttore Marco Demarco. Una grande soddisfazione.
Come titolerebbe un editoriale per raccontare cosa apprezza e cosa cambierebbe della Benevento di oggi?
Il titolo potrebbe essere “Voltiamo pagina”. L’attacco dell’editoriale, però, ancora non riesco ad immaginarlo. Ci sono tante, troppe cose che non vanno, a partire dall’apatia che avvolge, come una nebbia, la vita politica, economica e culturale della città. Ecco, vorrei poter commentare un evento che rappresentasse il punto di svolta, ma che, purtroppo, ancora non è avvenuto.
Quando nasce l’idea di scrivere il libro “Cerreto Sannita: un modello di ricostruzione post-sismica”? E quanto è attuale la tematica affrontata, guardando alle ricostruzioni post-sismiche più recenti?
L’idea di scrivere il libro è nata in occasione del terremoto di San Giuliano di Puglia del 2002. Nelle ore immediatamente successive alla tragedia, il geologo Mario Tozzi (che all’epoca conduceva su Rai Tre “Gaia, il pianeta che vive”), intervenendo a una trasmissione, definì Cerreto Sannita “un modello positivo e razionale di ricostruzione post-sismica”.
Mi colpì molto e così decisi di scrivere un istant-book. Lo proposi al gruppo editoriale Guida ma i tempi di pubblicazione sarebbero stati lunghi. Così decisi di pubblicarmelo da solo. Nel giro di pochi mesi le 1.000 copie stampate andarono esaurite. Oggi è disponibile solo in formato pdf sul mio sito internet billynuzzolillo.it.
L’attualità della tematica è confermata dal fatto che, in occasione del terremoto dell’Abruzzo dello scorso anno, mi ha intervistato il Tg1, chiedendomi di illustrare il modello di ricostruzione di Cerreto, che dopo il terremoto del 1688, fu ricostruita ex-novo e con criteri che qualcuno ha persino definito di cultura antisismica, ma che è più corretto definire di “protezione civile”.
Lei che è passato dalla Voce di Montanelli alla direzione del blognotes Sanniopress (da lei fondato nel 1999), come vede il futuro della professione giornalistica rispetto alla nuova frontiera del digitale e alle forme di citizen journalism?
Credo che in futuro lo spazio riservato alla carta stampa si restringerà sempre più. I quotidiani, però, non scompariranno del tutto. Avranno semplicemente una funzione diversa. L’informazione primaria, anche a livello locale, si acquisirà principalmente attraverso i new media. Tutto questo sta già portando ad una profonda trasformazione della professione giornalistica.
Oggi, tra le fonti da verificare, vi sono ad esempio i blog. Allo stesso modo i giornalisti si sono dovuti dotare di macchina fotografica digitale o telefonino in grado di scattare foto. In futuro, magari, avremo tutti l’iPad e ricorreremo a nuove fonti, tra cui assumeranno un ruolo sempre maggiore proprio le varie forme di citizen journalism che via via emergeranno.