di Giancristiano Desiderio
Benevento bacchettona? Non scherziamo. Come può essere bacchettona la città del sabba e delle streghe che sono donne libere, sensuali, disinvolte? E allora cosa volete che possa suscitare un maxi-manifesto che mostra un bel e rotondo culetto? Un culetto è un culetto, non fa nessuno scandalo, si guarda e si ammira, come si guardavano e si ammiravano quelli dei manifesti pubblicitari “Roberta” (alias Michel Hunziker) e quello ancora più celebre “Chi mi ama mi segua” che reclamizzava i jeans Levi’s. Dunque, se il fondoschiena raffigurato dalla milanese Paola Pivi, che sarà collocato all’ingresso del Museo Arcos, sarà bello lo si guarderà senza scandalo perché non c’è nulla da scandalizzarsi. E se il consigliere di An, Nicola Boccalone, ha protestato per la prima collocazione dell’opera d’arte (pare fosse più centrale e più visibile) e per il periodo scelto (subito dopo Pasqua) sbaglia di grosso. A parte il fatto che in città nessuno crede che l’ex vicesindaco sia bacchettone, lo sbaglio non sta nel finto sentimento di scandalo, quanto nella rinuncia a giudicare l’opera d’arte: è bella o brutta? Questo va discusso. Il fondoschiena è sicuramente bello, ma come fondoschiena. E come opera d’arte?
Il presidente di Art Sannio, Gianvito Bello, ha più volte detto che scopo di Art Sannio è quello di polemizzare, discutere, confrontarsi. Le mostre sarebbero un pungolo, un modo per stimolare l’intelligenza di una cittadina un po’ sonnacchiosa. Anche in occasione di questa nuova mostra “Italia Italie Italien Italy Wlochy” il Bello ha detto che “ci si è proposti, soprattutto con gli interventi che prendono vita fuori dai sotterranei del Museo, di intavolare un dialogo con la cittadinanza”. Insomma, le eventuali provocazioni non sarebbero fine a se stesse, ma pensate e fatte con lo scopo di discutere. Le opere d’arte, infatti, hanno questa caratteristica: aprono dei mondi, ci danno la possibilità di conoscerci meglio, ci mostrano un senso possibile della vita. Non per tirare in ballo filosofi e critici d’arte, ma proprio perché un’opera bella piace senza interesse e senza concetto spinge il suo “lettore” a ricercare un senso, a “dire” cos’è che piace e perché. La differenza tra un’opera bella e una brutta dovrebbe essere data dall’abitabilità del mondo che esprime: ci sono mondi che si lasciano abitare e altri nei quali non ci sentiamo a casa; ci sono opere che aprono mondi e altre che restano chiuse. Facciamo un esempio per capirci. Prendiamo un verso, andiamo sul classico per non sbagliare. “Dolce e chiara è la notte e senza vento”: il primo endecasillabo de “La sera del dì di festa” vale un poema o, meglio, vale quelli che oggi si chiamano “eventi”. Qui la bellezza è data proprio dalla nostra possibilità di ritrovarci in un mondo, di poter abitare la poesia. Per stare alle arti figurative, molta parte della filosofia del Novecento nasce dal confronto con l’arte: si pensi ad Heidegger, Benjamin, anche il nostro Cacciari, perché no. Ora, stando alle provocazioni di Art Sannio, e ne ricordo qualcuna del passato, ad esempio il Bat Man appeso al campanile di Santa Sofia, o la megastruttura posta davanti all’Arco di Traiano, c’è da chiedersi se sono abitabili. Quale mondo “fondano” e ci “aprono”?
La città non sempre ha reagito con entusiasmo agli eventi di Art Sannio. In questi casi si fa presto a dire “Benevento è chiusa” o “Benevento è arretrata”. Ma se le provocazioni non suscitano dibattiti interessanti, piuttosto polemiche sterili e addirittura chiusure, non bisogna forse guardare la cosa anche in altro modo? Non sono, forse, le opere d’arte di mondo incapaci di “fare mondo”? Non è forse gran parte dell’arte contemporanea a non essere abitabile? Mi viene in mente quel che diceva Longanesi: “Non acquistate quadri d’arte contemporanea, fateveli in casa”. Ecco, mi sembra un buon contributo alla discussione.