C’è un quartiere nel quartiere, nella zona Mellusi. Da un lato all’altro delle palazzine del secondo dopoguerra, costruite per popolare un’area originariamente periferica di Benevento, passa la stessa differenza che intercorre tra interno ed esterno, tra facciata e struttura portante. Il Viale Mellusi, oggi centralissimo e trafficato ad ogni ora, fa da spina dorsale dell’evoluzione della città avvenuta negli ultimi decenni. Ma ogni struttura ossea presuppone delle ramificazioni, dei dipartimenti che possono essere tanto piccoli ed esigui quanto profondi ed imperscrutabili.
La zona che comprende Via Marmorale, Salvator Rosa, Nicola Sala e su fino a Via Vanvitelli è un covo di incoerenze e di misteri. E’ un bazar a cielo aperto, un mercato d’oriente in pieno giorno, trapiantato fra automobili e camioncini. Sorgono palazzi di ogni tipo e colore, delle forme più differenti, ma tutti addossati l’uno all’altro. Tanto che l’idea di porre delle aiuole, ampie e cariche di verde, a far da spartiacque tra le due parti di Via Sala, fu un’intuizione a dir poco geniale. Senza quegli alberi, oggi trascurati, tutto il quartiere respirerebbe soltanto con la forza degli alberelli del Viale Mellusi, ossia quelli della facciata.
Dentro, all’interno di quell’arteria che viene mostrata anche ai visitatori, pendolari e turisti, della città, la vita scorre confusionaria, in danno soprattutto ai residenti. Portoni d’accesso ai condomini che affacciano su stradine sterrate ed abbandonate, a soltanto pochi passi dalla via che tutti calpestano quotidianamente, tra affari e traffici piccoli e grandi. Esercizi commerciali che concedono ai propri fornitori di caricare e scaricare merce senza il rispetto degli spazi comuni, nè della segnaletica orizzontale. Un divieto di fermata è stato storto e rivolto verso il muro. Nessuno è più tenuto a rispettarlo, in queste condizioni. E nessuno ci bada, neppure le forze dell’ordine che comunque, di tanto in tanto, frequentano la zona per normali controlli. Fin troppo normali.
Se si chiede ai cittadini del posto, indifferentemente dalla via specifica di domicilio, racconteranno fatti e fattacci d’ogni genere, dai fastidi più comuni ai problemi più viscerali. E racconteranno di decenni di abusivismo edilizio. Palazzi interi, che alcuni conoscono fin nei dettagli ma che nessuno indicherebbe con precisione in mancanza di prove a sostegno, che sono sorti senza rispettare le regole della legge. Nel boom del dopoguerra bisognava urbanizzare, allargare Benevento oltre il centro storico e la città longobarda.
Si costruì, si costruì e basta. Strade, edifici, locali commerciali. Tutto nello stretto, con un’ottimizzazione degli spazi che privilegia ancor’oggi il cemento all’ossigeno, la funzionalità all’accoglienza, il lucro alla vivibilità. Non è facile essere residenti in una di queste strade, crescerci per anni, dall’infanzia all’adolescenza, e sapere che il negoziante sotto casa è un potenziale nemico dei tuoi diritti e delle tue esigenze. Perchè è ospitato da un locale abusivo, come quelli che stanno costruendo a meno di 15 metri dal tuo balcone. Togliendoti l’aria e inzuppandola di polvere.
Intanto le auto passano, lungo il Viale Mellusi. Tra una sosta in doppia fila e un parcheggio ricavato all’occasione nell’area di fermata dei bus urbani, la cittadinanza tace e continua a sopravvivere. Come un parassita morboso cui hanno tolto il senso di sazietà. E continua a succhiare dal ventre più ricco e succoso, da se stesso, dal proprio ventre.
© Simone Aversano – Tutti i diritti riservati