di Alessandro Liverini
Il 12 novembre 1943, a Villa Tritone, sul mare di Sorrento, Benedetto Croce ricevette in visita il giornalista londinese Cecile Jackson Squire Sprigge, corrispondente di guerra in Italia per l’agenzia Reuter ed il giornalista americano William Harlan Stoneman, corrispondente di guerra del Chicago Daily News.
Proprio sulle colonne del quotidiano statunitense, il 18 ottobre 1943, era apparso un pezzo titolato “Nazis Line Up / Four Families / Murder Them” a firma di Stoneman. Essendo aggregato alle truppe americane che la notte tra il 12 e il 13 ottobre del 1943 avevano attraversato il Volturno per poi arrampicarsi sulle colline caiatine a partire dal versante di Limatola, egli era stato fra gli scopritori, la mattina del 16 ottobre, dell’eccidio di Caiazzo, presso la frazione di S. Giovanni e Paolo. Non solo. Si era adoperato nelle operazioni di seppellimento delle vittime. «Con un groppo allo stomaco» scrisse «abbiamo trascorso gran parte del giorno a mettere i cadaveri nelle bare e trasportarli al cimitero di Caiazzo, a tre miglia di distanza, avendo i parenti insistito che venissero sepolti in terra santa […] I parenti, impotenti, avevano semplicemente ammucchiato i cadaveri nelle stalle ed in una buca dove giacevano sotto gli sguardi dei passanti».
Stoneman prese a cuore la triste vicenda e si recò da Benedetto Croce per chiedergli di redigere una epigrafe funeraria da collocare presso il camposanto di Caiazzo. Nei Taccuini di Lavoro, al giorno 12 novembre, Benedetto Croce così annota: «È venuto Sprigge, che non vedevo da cinque anni, già del Manchester Guardian, e ora dell’agenzia Reuter, e con lui un giornalista americano, Stoneman, il quale mi ha raccontato i particolari dell’orrenda strage di ventitre contadini, uomini, donne, bambini di tre anni, fatta a Caiazzo da un tenente tedesco, un giovane di venti anni (di cui ho scritto, ma non trascrivo qui, il nome e il luogo di nascita). Il narratore, sopravvenuto il giorno dopo a Caiazzo, era ancora preso dalla commozione, e mi ha pregato di dettare il testo di un’epigrafe che egli vuole fare incidere in una lapide da collocare in quel paese». Al giorno 14 novembre si legge: «Ho scritto l’epigrafe richiestami per l’eccidio di Caiazzo».
Proprio in quei giorni Benedetto Croce aveva redatto un saggio titolato Il dissidio spirituale della Germania con l’Europa, edito poi da Laterza nel 1944, nel quale da «italiano germanofilo», così si definiva, denunciò la barbarie delle stragi naziste, definite «atti orrendi e inumani». In appendice all’opera è riportato il testo integrale dell’epigrafe, che ancora oggi può essere osservata presso il cimitero di Caiazzo, descritta come «un’epigrafe che mi era accaduta di dettare a richiesta di un generoso giornalista americano, il signor William H. Stoneman, e che ricorda uno degli innumeri atti di inumana ferocia, compiuti in questi mesi in un breve ambito territoriale dell’Italia meridionale, da soldati tedeschi, i quali tuttodì ne accrescono la quantità e l’efferatezza». Ecco il testo dell’epigrafe: «Presso Caiazzo / nel luogo detto San Giovanni e Paolo / alcune famiglie campagnuole / rifugiate in una stessa casa / furono il XIII ottobre MCMXLIII / fucilate e mitragliate / per ordine di un giovane ufficiale prussiano / uomini donne infanti / ventitre umili creature / non d’altro colpevoli / che di aver incoscienti / alla domanda dove si trovasse il nemico / additato a lui senz’altro la via / verso la quale si erano volti i tedeschi. / Improvvisa uscì dalle loro labbra / la parola di verità / designando non l’umano avversario nelle umane guerre / ma l’atroce presente nemico / dell’umanità. / Un americano / che vide con orrore e pietà le salme degli uccisi / pose questa memoria».
L’attività pubblicistica di Benedetto Croce al tempo della liberazione del territorio italiano dall’occupazione della Wehrmacht ebbe due finalità pratiche. La prima fu quella di incentivare la formazione di un esercito italiano di liberazione, per «proseguire lo spirito del Risorgimento». Fu proprio Croce l’autore del Manifesto per la chiamata dei volontari, affisso in Napoli il 10 ottobre 1943. La seconda fu quella di denunciare la barbarie nazista, onde evitare che la «politica del massacro» (così definita dallo storico Luca Baldissara), adottata dalle truppe tedesche all’indomani dello sbarco di Salerno, potesse essere perpetrata anche nel centro-nord Italia, ove il mobile fronte di combattimento ancora non era arrivato. Tra il mese di settembre e il mese di novembre del 1943, infatti, i tedeschi uccisero solo in Campania circa 1600 civili.
Purtroppo, i due propositi di Benedetto Croce non si realizzarono. La storia andò in un’altra direzione.
E così anche la vicenda dell’eccidio di Caiazzo, benché ne fosse stata impressa nella pietra la memoria, finì per restare nell’oblio per molti, troppi anni. Sia a livello locale, sia a livello statale.
Il giornalista Stoneman, a guerra finita, si spese vanamente in prima persona per dare impulso alle attività di individuazione e punizione dei responsabili della strage. Il 10 marzo 1949 scrisse al ministro degli Esteri Carlo Sforza per informarlo che un criminale di guerra, responsabile dell’eccidio di Caiazzo, era stato rimpatriato e non consegnato alla magistratura italiana. Il Ministro degli Affari Esteri decise di non dare corso alle procedure di indagine «in considerazione della fase delicata che attraversano le trattative attualmente in corso con le Autorità Sovietiche per la nota questione relativa ai presunti criminali di guerra detenuti in Italia e richiesti dal Governo dell’Urss». La notizia di reato giacque sepolta fino al 1994 nell’«armadio della vergogna» – in un locale di palazzo Cesi-Gaddi (sede di vari organi giudiziari militari) in via degli Acquasparta a Roma – unitamente ad altri 695 fascicoli d’inchiesta e un registro generale riportante 2274 notizie di reato, relative a crimini di guerra commessi sul territorio italiano durante l’occupazione nazifascista. Neppure la monografia di Ciro Antonio Sparano, titolata Il massacro di Monte Carmignano (Caiazzo): ottobre 1943, edita nel 1977 e l’impegno (a dire il vero discontinuo) delle amministrazioni comunali riuscirono a far riaprire il caso.
Fu grazie all’italo-americano Joseph Agnone che nel 1988 si potè iniziare a percorrere il cammino della verità. Questi, appassionatosi alla vicenda criminosa appresa casualmente nel corso di studi sulla seconda guerra mondiale, scoprì in un archivio militare americano il Dossier di Algeri contenente la puntuale ricostruzione dell’eccidio di Caiazzo. Lo spedì alle autorità giudiziarie casertane e scrisse insieme allo storico Giuseppe Capobianco un bellissimo testo, titolato La barbarie e il coraggio.
Di tutto questo e della storia, giudiziaria e politica, che ne è seguita parleremo giovedì pomeriggio alla biblioteca comunale di Telese, nel corso della presentazione del libro di Nicola Sorbo, Tra memoria e oblio. L’eccidio di Caiazzo, edito dalla casa editrice telesina Edizioni 2000Diciassette.