Giancristiano Desiderio è un signore che svolge diverse attività, realizza, anzi, diverse opere. Insegna al liceo classico di Caserta, scrive per le pagine culturali del Corriere della Sera e del Giornale, ha pubblicato diversi libri di approfondimento filosofico su Benedetto Croce ed altri testi di divagazioni che paiono facete, ma si ancorano all’esercizio del pensiero filosofico – liberale.
Non ho usato di proposito alcun titolo per definirlo eppure ce ne sarebbero stati diversi da poter usare, da giornalista a intellettuale, titoli altrimenti ambitissimi. Ho scelto di adeguarmi al linguaggio e all’idea di rappresentare l’uomo, il signore, mi correggo, attraverso quel che fa e ha fatto, piuttosto che con i titoli, a nulla questi contando. Lo si spiega bene a più riprese nel testo la Selva, a sua firma, edito da Rubettino e uscito in libreria la primavera scorsa. Si legge, per esempio, a pagina 139: “a me, che ne so molto poco, il nostro appare il tempo dell’ignoranza elevata a sistema. Più si è ignoranti, più si è dotti. Una volta l’università era lontana, oggi è sotto casa. Il mondo è diventato dottissimo e universitario. Si ritiene, a volte consapevolmente a volte ingenuamente, che a ogni professione, a ogni mestiere, a ogni mansione debba corrispondere un titolo e un curricolo studi” .
Cosa c’entri tutto questo con la rubrica enogastronomica di un quotidiano, a questo punto, può apparire davvero oscuro. C’entra con Odissea Gastronomica, chiariamo, per due ordini di motivi: primo, non di rado questa rubrica si è occupata di libri; secondo, discettando di cibi e vino, si è alluso spesso, più o meno metaforicamente, alle donne e ai piaceri licenziosi. Orbene, nella Selva di Giancristiano Desiderio c’è un succoso e denso capitoletto dal titolo “Come si mangiano le ostriche”, in cui, non appena ricevuta la copia del libro, mi sono immerso. Vi si racconta di una cena a casa di Benedetto Croce, cui erano convenuti un giovanissimo Nicola Matteucci, storico italiano del pensiero politico, tra i fondatori della rivista Il Mulino, definito da Desiderio “l’ultimo grande liberale italiano”, e Riccardo Bacchelli, noto ai più per la trilogia “il Mulino del Po”, autore anche di opere teatrali, poesie e saggi storici. Pare che a un certopunto della cena fu servito in tavola un ricco vassoio di ostriche. I molluschi sorpresero le figlie del filosofo al punto da spingerle a chiedere agli astanti istruzioni su come mangiarli.
La risposta del Bacchelli, come riportata da Desiderio, che cita come fonte Edmondo Berselli il quale a sua volte apprese dell’accaduto da Matteucci, è qui irripetibile, un po’ perché una giovane rubrica non concedersi le medesime licenze che si prende un signore (Desiderio) autore di tanti saggi, un po’ perché non si può svelarne lo stuzzicante gusto a chi volesse leggere il libro.
Nella Selva di Desiderio si trova un’analisi arguta, mai stereotipata, di diversi fenomeni della sventurata contemporaneità italica, dal cretinismo dilagante alla titolomania imperante, dal confronto col cancro alla fine del giornalismo, dall’imperare degli intellettuali organici a qualsiasi potere al valore illegale dei titoli di studio. La lettura è effettivamente, come dice il sottotitolo del libro, un tentativo di serenità del mezzo della tempesta, nonostante il testo filosoficamente argomenti, senza pedanterie, sulla irrinunciabilità della lotta che quotidianamente conduciamo, agitandoci nella Selva della nostra esistenza. Una lotta necessaria col bene e col male, salvo che non ci si voglia rincretinire o suicidare, delegando allo stato l’opera che dovremmo compiere in proprio e che è il lavoro della nostra vita.
Giancristiano Desiderio
La Selva, pagg. 203
Rubbettino editore – € 12