di Alessandro Liverini
La fortuna delle città è indissolubilmente correlata ai traffici umani. Le città di mare sono geneticamente vocate al ‘via-vai’ delle genti. Le città d’entroterra, invece, vivono e muoiono in funzione delle strade che le attraversano e dei ponti che le consentono di oltrepassare i vuoti rupestri e le piene fluviali.
Il declino delle vie consolari – soppiantate dalle auto-strade e dalle super-strade – segnò la mutazione della geografia italiana. Interi paesi furono tagliati fuori dalla grande storia.
Il destino della Telese contemporanea – che altrove ho definito la terza Telese, onde creare una ragione di continuità prospettica con la Telesia romano-sannitica e la Telesis Nova medievale – è stato influenzato in misura preponderante dalla costruzione di un ponte.
Con un rescritto datato 11 febbraio 1853, l’imprenditore sanlupese Achille Jacobelli fu autorizzato dal re Ferdinando II a costruire un ponte sul fiume Calore in località Torello di Melizzano. Jacobelli era animato da una visione epocale: intuendo le potenzialità economiche della Valle telesina e, in particolare, di Telese, realizzò che lo sviluppo di quell’area disabitata e mefitica dipendesse dalla deviazione dei traffici – di uomini e di merci – esistenti tra la Province di Molise e la Provincia di Terra di Lavoro.
Attraversare il ponte del Torello significava percorrere interamente la Valle telesina (lungo l’asse Amorosi-Telese-Castelvenere-Guardia Sanframondi) e by-passare il tratto pedemontano della strada consolare (la così detta Bebiana passante per il territorio solopachese e, attraverso il ponte Maria Cristina, proiettata lungo la salita del Calvese alla volta di Guardia Sanframondi). Tanto è vero che – quando nel 1851 il ponte Maria Cristina di Solopaca crollò a causa di una piena del Calore – Achille Jacobelli propose a Ferdinando II di finanziare la propria idea edificatoria e di abbandonare l’ipotesi di ricostruire il ponte appena crollato. Per decidere in piena consapevolezza il re si recò personalmente in Valle telesina il 9 febbraio 1852.
Alla fine il sovrano scelse di ricostruire a proprie spese il ponte solopachese e di autorizzare Jacobelli a costruire privatamente il ponte al Torello, consentendogli di recuperare i costi con la cessione del diritto di esigere i pedaggi. Il valore simbolico del ponte Maria Cristina era enorme. Esso, infatti, serviva a consolidare la fama internazionale della tradizione ingegneristica borbonica. Luigi Giura – progettista del ponte Maria Cristina del 1835 e del ponte Real Ferdinando sul Garigliano del 1832 – fu dapprima allievo, e poi direttore, della Scuola di applicazione in Ponti e Strade promossa dal re Gioacchino Murat nel 1811 e, parallelamente, membro autorevolissimo del Corpo di Ponti e Strade, antesignano napoletano del Genio Civile.
La visione che esso incarnava, però, fu storicamente perdente. Sebbene i due ponti hanno subito parallele vicende di crolli e distruzioni (da ultimo con il passaggio della seconda guerra mondiale), essi hanno avuto destini storici completamente diversi. Il ponte del Torello permise la crescita economica della Valle telesina, sostenendo, peraltro, il passaggio della tratta ferroviaria Napoli-Foggia. Il ponte Maria Cristina tramontò lentamente.
Nuove strade e nuovi ponti segneranno – nel volgere di pochi anni – la storia del nostro Sannio.
Ortima ricostruzione storica. Da tenere a mente. Tuttavia se mi è permesso la visione prospettica dell’autore sugli impatti sullo sviluppo locale dei due ponti onestamente mi appare evidentemente incompleta.
La funzione del ponte sul Calore del Torello di Melizzano apre il collegamemto della riva est del Calore (la valle telesina) ai collegamenti con la terra di lavoro e l’area costiera.
Questa infrastuttura risolve le problematiche connesse alle percorrenze locali con l’area napoletana e casertana. L’area dello scalo ferroviario di Solopaca invece è attraversata attualmente da ben due ponti. Uno che assolve esclusivamente ad esigenze di traffioco locale ed il nuovo viadotto della ss372 Benevento-Caianello invece è divenuto uno snodo strategico nelle medio lunghe percorrenze (Roma – Bari).
Attualmente con il raddoppio della ss372 preoccupa l’impatto sul paesaggio della costruzione del viadotto gemello da realizzare lato Solopaca quasi in sovrapposizione del monumentale vecchio ponte Maria Cristina.
Tommaso Riccardi