Il titolare della ditta PromoSalento è stato condanno a 9 mesi di reclusione e al pagamento di 8mila euro, tra spese e danni, per aver pubblicato su Trip Advisor migliaia di recensioni false.
Il Tribunale di Lecce, con la sentenza dello scorso giugno, prima del genere, ha, dunque, stabilito un principio che segna un punto fermo nel campo dei commenti anonimi in rete: pubblicare recensioni false, utilizzando profili fake (non correlati ad una persona identificabile ed esistente), è reato.
Trip Advisor si è costituita parte civile nel procedimento e Brad Young, VP, suo Associate General Counsel, ha dichiarato: « Scrivere recensioni false ha sempre rappresentato una violazione della legge ma questa è la prima volta che, come risultato, il truffatore è stato mandato in prigione. Investiamo molto nella prevenzione delle frodi e siamo efficaci nell’individuarle: dal 2015 abbiamo bloccato le attività di più di 60 aziende di recensioni a pagamento nel mondo. Ma non possiamo fare tutto da soli ed è per questo che desideriamo collaborare con le autorità competenti e le forze dell’ordine per supportare i loro procedimenti penali».
Nel febbraio scorso, su queste colonne, abbiamo pubblicato un articolo (clicca qui per leggere) in cui si dava conto delle politiche di Trip Advisor nei confronti degli operatori dell’ospitalità, i recensiti, insomma, incentivati ad acquistare pacchetti premium per avere la possibilità di influenzare maggiormente gli utenti ignari. Il social, tra l’altro, espressamente avvisa ristoratori, albergatori, titolari di strutture ricettive circa l’opportunità di avere costantemente recensioni positive.
Trip Advisor dichiara che sul proprio portale vengono pubblicate oltre 200 recensioni al minuto e che nel 2016 ha raccolto 350 milioni di recensioni. Innanzi a questi numeri monstre le dichiarazioni di Brad Youg circa le 60 aziende di recensioni false bloccate e la costituzione in giudizio nel processo di Lecce paiono mere dichiarazioni e azioni di facciata.
Non a caso la soddisfazione di Federalberghi è moderata: «non possiamo dimenticare che siamo di fronte ad un problema dalle dimensioni enormi. Né possiamo illuderci che possa essere risolto affidandosi al meritorio lavoro della magistratura o alla buona volontà dei singoli».
«A nostro avviso – prosegue la nota dell’associazione degli albergatori – la soluzione non può che risiedere in una robusta affermazione del principio di responsabilità. Il primo passo che i portali devono compiere per radicare un sistema in cui prevalgano le vere recensioni, scritte da veri clienti, che raccontano una vera esperienza, è un deciso stop alle recensioni anonime e ai nickname di comodo. Ognuno deve essere libero di esprimere la propria opinione ma l’azienda che viene recensita e le persone che leggono la recensione hanno diritto di conoscere la reale identità dell’autore e di sapere se sta raccontando frottole o un’esperienza autentica».
Altri social del settore turistico non incontrano problemi con le recensioni degli utenti, che sono affidabili e raramente contestate dagli operatori. Si tratta dei casi in cui a poter recensire sono solo gli utenti che hanno prenotato ed effettivamente fruito del servizio offerto dall’operatore recensito.
TripAdvisor, è vero, non è un portale di prenotazioni ma ha tutti gli strumenti per assicurarsi della effettiva identità di chi recensisce e fare in modo che a recensire siano solo i reali fruitori del servizio. Non adotta, però, alcuna di queste soluzioni perché fa profitto sull’anonimato dei suoi utenti, tra cui, come provato dalla sentenza del Tribunale di Lecce e dalle dichiarazioni della società stessa, ci sono non pochi truffatori. Ci risparmi, allora, le ipocrite dichiarazioni.