di Giancristiano Desiderio
Mentre a Roma si perde tempo, a Benevento si fa il governo che serve all’Italia. L’altra sera, in una locanda del centro storico, tra cozze alici baccalà fusilloni alla vucciria, Franciacorta, Dolcetto e Falanghina, gli intellettualisanniti, sostenendo stoicamente la logorrea del grillozzo Vittorio Giangregorio la cui natura umanissima e simpatica mal si confà all’universo della bugiarda Onestà, seduti al tavolo della eterna cena delle beffe, stanchi di attendere la Terza Repubblica e il governo del professore Giuseppe Conte vittima egli stesso di un episodio inedito di Amici miei, non potendo lasciare la nave senza nocchiero hanno infine formato il Governo di Salute Pubblica che da subito è entrato nel pieno delle sue funzioni nella terra del Sannio al di qua delle Forche Caudine.
Al principio ho avuto il dubbio di trovarmi, insieme con il sodale Billy Nuzzolillo, nella cena dei cretini e il cretino di turno ho pensato di essere proprio io. Tutti mangiavano cozze pelose, come il vorace magistrato diventato sindaco e governatore a Bari in questa Repubblica delle procure che è l’Italia quale eterno laboratorio di nuovi mostri, mentre io che non mangio cozze attendevo a bocca asciutta bagnata dal Franciacorta. Quando dalla mia destra, mentre cercavo di tenere a bada alla mia sinistra Alessandro Giulio Cuciniello che litigava con la tovaglia sulle gambe che gli dava calore e sudore, ecco l’osservazione di Vito Eliantonio che attendevo e che puntuale stava arrivando: “Ma come, non mangi le cozze!? Non sai che…..”.
“Al tempo”, l’ho fermato, già sapendo che stava andando a parare sulla all’allusione erotico-sentimentale che avete già immaginato delle fica da leccare, e così ora lo rimando alla lettura di una pagina de La Selva intitolata Come si mangiano le ostriche dove si parla di Benedetto Croce e Riccardo Bacchelli, Nicola Matteucci e Edmondo Berselli e di come si mangiano le ostriche giacché pensare non è accademizzare ma amare. E mentre rintuzzavo le cozze di Vito ecco da man sinistra arrivare la gentile locandiera che serve un gran piatto di alici fritte – fritte per me grazie alla lucida intuizione di Antonio Medici gran maestro di corte – alici che non faccio in tempo ad assaggiare che il Cuciniello ha già agguantato e trangugiato.
Di fronte a me, dall’altra parte del tavolo siede Nunzio Castaldi nella sua solita posa caravaggesca, sornione, parla poco e ficca bene, ascolta beve assaggia ride e dispensa in egual misura umanità or triste or felice. A capotavola, troneggiante, al di là del fidato Cuciniello e al di qua del Cifaldi, vera memoria storica dell’età dell’oro dell’era primorepubblicana, il Medici che della cene delle beffe ha perfino il cognome rinascimentale. Sotto la sua sedia ha una sorta di cantina portatile dalla quale estrae, ogni volta che una bottiglia piange, una nuova bottiglia, come se avesse una specie di gonnellino di Eta Beta che conteneva a richiesta un’infinità di bontà. Stretto tra il Cifaldi e il Castaldi c’è Carmine Pulzella che a metà serata ricorderà i prodigi burocratico-finanziari di Giovanni Zarro che nottetempo vergava le leggi di bilancio per conto di Paolo Cirino Pomicino, mentre alla sinistra di Nunzio c’è il conte Giuseppe Iannelli che pur dotato di un giudizio acuto su uomini e cose nulla può fare per arginare la furia di Vittorione che trasale e trascende sfiorando anche la rissa fisica e ingarbugliandosi in quella verbale con il mite presidente Lorenzo Catillo e perfino con Gianluca Francesca che gli vorrebbe dare manforte ma sono tali e tanti gli equivoci che alla fine è costretto a mandarlo a quel paese.
A metà serata si fa il governo. Introduce il brindisi di Antonio nelle vesti di Amedeo Nazzari e della sua celebre battuta: “E chi non beve con me, peste lo colga”. La lista dei ministri, tutti rigorosamente senza curricola ma con provato cursus honorum, è buttata giù tra la vucciria e il baccalà. Eccola.
Il governo di Salute Pubblica è un ministero di restaurazione. I ministri giurano fedeltà all’ordine liberale delle democrazia rappresentativa e dichiarano solennemente di non ingerire più di tanto nella vita della società e nelle vite private lasciando fare agli uomini di buona volontà che a loro volta non si attaccano alla zizza di Stato.
Presidente del Consiglio dei ministri: il padre della patria Antonio Cifaldi
Ministro degli Interni: conte Giuseppe Iannelli
Ministro degli Esteri con particolare delega al Pallone: Alessandro Giulio Cuciniello
Ministro per il Mezzogiorno per farla finita una volta per tutte con la “questione”: Luigi Ruscello
Ministro Economia e Commercio: Rino Porcaro
Ministro Riforme istituzionali che non vanno fatte: Giuseppe Nenna
Ministro di Grazia e Giustizia: Clemente Mastella che rimane anche sindaco di Benevento
Ministro Politiche agricole con delega alla mietitura del grano: Nunzia De Girolamo
Ministro del Bilancio: Paolo Cirino Pomicino guardato a vista dal sottosegretario Antonio de Nigro
Ministro delle Poste e telecomunicazioni (ministero risorto): Felice Presta
Ministro della Difesa e della Pace: Amerigo Ciervo
Ministro della Rivoluzione gentile: Nicola Sguera. Il governo della restaurazione è, infatti, previdente e promuove anche la rivoluzione proprio per assicurare la restaurazione.
Ministro dell’Inquietudine: Guido Bianchini
Ministro per lo scudetto al Napoli: Billy Nuzzolillo
Ministro della Sanità: Alfredo Nazzaro
Ministro della Pubblica istruzione è estinto causa morte della scuola. Si attende la rinascita di Francesco De Sanctis
Il ministero Cifaldi-Iannelli ha giurato, per il tramite del presidente e del ministro degli Interni, nelle mani del presidente degli intellettualisanniti Lorenzo Catillo ed è operativo. Vigila sulla tranquillità e operosità del Sannio ed è pronto a recarsi a Roma al Quirinale per giurare al cospetto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e servire la patria nella certezza della sua superiorità a qualunque altro esecutivo possa essere partorito dalle volontà sovrane di Matteo Salvini e Luigi Di Maio.