di Giancristiano Desiderio
Se il M5S e la Casaleggio e associati organizzassero a Benevento una kermesse sul futuro sul modello della convention di Ivrea, Nicola Sguera mi farebbe entrare o mi metterebbe alla porta? Che cosa strana che è questo movimento politico che parla di tecnologia e lavoro, comunità e Adriano Olivetti ma non fa entrare un giornalista, Jacopo Iacoboni, che ha pubblicato un libro sulle Cinque Stelle (L’esperimento. Inchiesta sul Movimento 5 stelle, Laterza). Che cosa strana è questo movimento politico che si autodefinisce “geneticamente diverso” ma è composto da uomini e donne che conosco da una vita – faccio l’esempio “locale”: Nicola Sguera e Danila De Lucia, giornalista, ora eletta senatrice – e gode della collaborazione di Domenico De Masi che per me è uno di famiglia. E’ possibile che la politica abbia la capacità di straniare le persone fino al punto da mettere alla porta uno che lavora e conosci da sempre e fino al punto di pensarsi parte di una diversa e superiore umanità rispetto a chi fino a ieri era parte del tuo mondo e della tua storia ideale e affettiva?
Naturalmente, Nicola non mi metterebbe alla porta, Danila non si riterrebbe antropologicamente diversa da me, Mimmo non mi disconoscerebbe come “nipote”. E, tuttavia, il problema rimarrebbe perché non riguarda i rapporti personali ma la politica. E, allora, tanto vale affrontarla in modo diretto e franco la “questione politica”. Può il primo partito politico italiano scegliere di non ammettere un cronista ad un incontro pubblico sul futuro del Paese? E’ inutile stare a girare intorno alla cosa, meglio dirla tutta: se un atto del genere fosse stato fatto da Forza Italia al tempo in cui era il primo partito italiano si sarebbe gridato allo scandalo e al pericolo fascista, ma oggi alle Cinque Stelle è riconosciuta una sorta di non meglio precisata diversità democratica che, invece, altro non è che censura. Ma nel “caso Iacoboni” – chiamiamolo così – non c’è solo l’ingresso o no di un giornalista ad un convegno. C’è qualcosa di più importante ed è meglio metterlo in chiaro. Il problema più concreto è il silenzio degli intellettuali e dei politici del M5S che non dicono nulla su ogni cosa se prima non c’è l’autorizzazione di Rousseau (nel senso della Piattaforma e non di Jean-Jacques).
A volte non bisogna fare grandi discorsi e usare paroloni. A volte è preferibile parlare in modo semplice e dimesso, come si fa tra amici. Allora, Nicola e Danila, davvero pensate di non dover dir nulla e di potervi sottrarre al dovere personale? Allora, Mimmo davvero credi di dover parlare di ciò che accadrà, se accadrà, tra dieci o cinquant’anni e lasciar cadere l’attenzione su ciò che accade qui e ora? Se il M5S dimostra di avere una natura antidemocratica – nel senso più preciso della parola: ossia che rifiuta il dissenso e i dissenzienti – voi ritenete, nel rispetto della vostra onestà intellettuale, di parlare e criticare o di adeguarvi alla consegna del silenzio? Non è un problema di poco conto. E’ il problema del M5S: la libertà è sacrificata sull’altare politico del movimento di Grillo, Casaleggio e Di Maio? Questa è l’unica onestà di cui gli uomini – geneticamente diversi o uguali che siano – sono capaci e bisogna risponderne perché qui è in gioco la libertà.
Il M5S teme la libertà dei suoi stessi deputati. Il vero motivo della contrarietà al “senza vincolo di mandato” non è il trasformismo ma la libertà. Ma un deputato che ha un vincolo di mandato non è più un deputato al Parlamento: è l’emissario di una forza nemica delle libere istituzioni. I deputati che accettano di non parlare hanno di fatto già accettato il vincolo di mandato e da rappresentanti sono diventati emissari.
In una democrazia vi sono esigenze politiche e morali che sono più importanti dei problemi economici. Il M5S non ha le risposte giuste per i secondi perché ha le idee confuse sulle prime.