di Giancristiano Desiderio
Non sono i vivi che seppelliscono i morti, sono i morti che seppelliscono i vivi. Può sembrare paradossale e, forse, macabro ma, in realtà, è una semplice e addirittura banale comunissima osservazione. Chi ha perduto i suoi cari o un affetto o un amore o un amico spesso si esprime così: “Con lui va via una parte della mia vita. Una parte di me stesso è morta per sempre con lei. Nulla sarà più come prima”. Modi semplici per dire, appunto, che chi rimane sente che un po’ è morto anche lui perché qualcosa è finito ed è andato via per sempre con il defunto.
Ma chi rimane cosa può fare? Nient’altro che continuare a vivere seppellendo non solo il defunto ma anche quella parte di sé che non c’è più e va lasciata cadere come le foglie d’autunno per dare aria e spazio alla nuova vita che si prepara, alla vita che tra perdite e conquiste, morti e nascite, inverni e primavere, si rinnova. Seppellendo il morto, allora, seppelliamo per davvero noi stessi e lo facciamo per l’intima necessità della vita che, pur dolorante, chiede di essere vissuta.
Posso riprendere l’attacco di queste righe e dir meglio: i vivi non seppelliscono i morti, che quasi non ne hanno bisogno se non per le “onoranze funebri”, ma seppelliscono i vivi, se stessi, che per vivere e non lasciarsi morire anzitempo devono rinnovarsi. La vita seppellisce la vita.
Così gli uomini sono tutti, chi più chi meno, dei vivi sepolti. Tutti per vivere hanno dovuto, secondo i casi della propria esistenza, seppellire una o più vite: hanno dovuto darsi pace per non impazzire o per non suicidarsi; hanno dovuto separarsi dagli affetti perduti; hanno dovuto lasciare abitudini e progetti per nutrire altri progetti e prendere altre abitudini; e, insomma, hanno dovuto creare una vita nuova sui resti della vita precedente e sui frutti e le opere della precedente vita che con i suoi bisogni vitali chiedeva nuove risposte. I passi della vita son così fatti di trapassi e di trapassati che vengono dimenticati cioè superati dalla vita seguente. Tuttavia, i defunti delle nostre vite precedenti non sono del tutto dimenticati e vengono di tanto in tanto a farci visita e il ricordo di loro ci intenerisce e ci rafforza confortandoci nei nostri doveri verso la vita.
A volte accade, però, che gli uomini non riescano a distaccarsi dai defunti e restino avvinti alla loro vita precedente come se fosse viva e non morta. Sono coloro che non si rassegnano e vorrebbero richiamare in vita il morto e, naturalmente, non riuscendoci finiscono per richiamare il morto nella vita. Costoro rifiutano la separazione, rimangono sulle tombe, respingono la vita e si chiudono nel dolore senza pace isolandosi dal mondo dei vivi per vivere nel mondo dei morti.
Sono costoro i sepolti vivi che sono, loro sì, effettivamente seppelliti dai morti. I sepolti vivi non rinnovano la vita ma la morte delle vite precedenti dalle quali non riescono a distaccarsi senza cadere e, a volte, nei casi più estremi di dolore senza rimedio escono di senno o si danno la morte che per loro è la perduta vita precedente.