Le grandi ricorrenze religiose sono tradizionalmente accompagnate da grandi convivi, accaldati dall’affettuosità del ritrovarsi e del riunirsi nonché dalla messe di calorie e calore di cibi. La buona predisposizione d’animo natalizia non è sufficiente a risparmiare qualche violenza alle papille gustative. Sono baionettate preterintenzionali, beninteso, come quella oramai tipica, per la quale tuttavia l’attenuante della consuetudine (tutta italica) non vale come esimente, dello Champagne col panettone. Fortuna vuole che la religione non si occupi di questo genere di delitti, perché quello dello spumante secco bevuto sul dolce sarebbe un peccato capitale, tale da richiedere per l’espiazione e per salvar la pelle un pellegrinaggio a piedi nudi per tutti i templi d’Europa.
Con i dolci, per non creare effetti disgustosi o sgradevoli, si bevono vini dolci, anche liquorosi. Che sia panettone va bene, ma ci si abbini un bel passito campano, come l’Eleusi di Villa Matilde, da uve Falanghina. Quando proprio non si vuole rinunciare alle bollicine e alla spuma nel bicchiere è bene ricorrere al principe degli spumanti dolci italiani, il Moscato d’Asti, ottimo e con ottimo rapporto qualità prezzo quello de La Spinetta.
Le zeppole fritte, gli aperitivi e gli antipasti chiamano lo Champagne e gli spumanti secchi in genere. Vini ottimi, del resto, anche per tutto il pasto. Dubl dei Feudi di San Gregorio e Astro di Cantine Astroni sono ottime etichette su cui orientarsi per bere campano.
I piatti acetosi come l’insalata di rinforzo, vivace di papaccelle non si abbinano, giacché l’asprezza indispone al vino.
Gli spaghetti con le vongole, immancabile primo della vigilia di Natale, secondo alcuni trovano connubio perfetto, in una ideale unione Mediterraneo – Alpi, sud – nord, con un ottimo Muller Thurgau, come quello di Manni Nossing della Valle Isarco. Due grandi bianchi della nostra regione, tuttavia, sono prestanti amanti dell’intramontabile e saporito piatto di mare: la Falanghina flegrea Cruna Delago, della cantina La Sibilla, e il Furore Bianco Fiord’Uva di Marisa Cuomo, da vitigni minori autoctoni della costiera.
La minestra maritata del giorno di Natale trova buoni testimoni di nozze nel rosso del Sannio Barbera di Anna Bosco e nel Piedirosso Per e Palumm di Casa d’Ambra.
Restano i secondi, meno classici, liberi e dipendenti dall’estro delle massaie cuciniere, dalla disponibilità dei pescivendoli e dei macellai nonché da tradizioni più strettamente familiari. Suggeriamo, allora, un bianco e un rosso: Greco di Tufo Vigna Cicogna di Benito Ferrara, vino straordinario, espressione di un microcosmo e di un vitigno che meritano considerazione e attenzione in un panorama enologico e gustativo che tende ad appiattirsi su pochi vini; Aglianico Amaro Kapnios di Masseria Frattasi, frutto di una lavorazione particolare attraverso cui si trae vino secco da uve appassite. Una bottiglia destinata a sorprendere.
Prosit.