di Giancristiano Desiderio
Angelo Panebianco ha scritto, in un articolo sul Corriere della Sera, che il sistema politico italiano è, da sempre, una specie di macchina che produce partiti antisistema ai quali si deve contrapporre, per forza di cose, un argine e il suo Guardiano della diga. L’ultimo guardiano è stato Matteo Renzi ma anche l’attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, svolge questo ruolo mentre la forza antisistema è il M5S. Però, ultimamente il sistema non sembra più funzionare e la diga presenta più di qualche crepa. Il governo Berlusconi è finito in un pericoloso naufragio al quale ha posto rimedio Mario Monti che poi è finito nel fare la parte di san Sebastiano, ma anche lo stesso governo Renzi che pur ha ottenuto dei risultati o se li è trovati davanti è finito in mare e il Pd, che era visto come un’ultima spiaggia, ha fatto naufragio nel mare di Sicilia. Non sembra che vi sia una via d’uscita e si gira in tondo, tanto che il naufrago di ieri – Berlusconi – è tornato ad essere il Guardiano di oggi, se non della diga almeno del faro.
Il sistema politico italiano non ha mai conosciuto la democrazia dell’alternanza e ha sempre funzionato come una macchina che produce forze antisistema. L’Italia stessa è nata così. La prima forza antisistema fu quella cattolica con Pio IX e il non expedit che impediva la partecipazione dei cattolici alla vita pubblica. Non si fece in tempo a risolvere la “questione cattolica” che era già nata la “questione socialista” che fu una delle cause, e non la minore, che portò al fascismo nel cui Ventennio – va da sé – il problema della forza antisistema fu “risolto” alla radice nel passaggio dalla libertà alla dittatura. Con la repubblica il problema rispuntò tale e quale moltiplicato per cento: in Italia c’era il più grande partito comunista dell’Occidente e la democrazia, prima di sfociare nel consociativismo in cui il partito d’opposizione era socio di minoranza del partito di governo, era una “democrazia bloccata” o imperfetta caratterizzata dal fattore K.
Con la fine della Prima repubblica si sperava, illudendosi, nella nascita finalmente della democrazia dell’alternanza e, invece, venne al mondo la democrazia dell’altalena in cui le due forze politiche che diedero vita al bipolarismo si delegittimavano scambievolmente, l’una indicando l’altra come una forza eversiva, e in un pendolo micidiale in cui si altalenavano al governo e all’opposizione producevano l’effetto ottico del movimento mentre l’Italia era perfettamente immobile. L’identità delle loro differenze era ed è lo statalismo e la conseguente occupazione del potere del quale, una volta impadronitosene, non sanno cosa farsene perché in un sistema statalista il potere non basta mai anche se è senza limiti.
Il sistema politico italiano, con il Guardiano della diga, è però anche la soluzione di un più ampio problema europeo che ha la sua origine nientemeno che nella Rivoluzione francese. I francesi tagliando la testa al Re diedero vita a un problema per molti versi insolubile: crearono un sistema assembleare incapace di legittimare nuovamente il potere. Tagliando la testa al sovrano la tagliarono anche alla sovranità. Gli inglesi, invece, che fecero la loro “gloriosa rivoluzione” un secolo prima conservarono la Corona e riuscirono a costituzionalizzare il potere con una sovranità, appunto, limitata. In Italia e in Europa, invece, per avere un potere limitato si è dovuto far ricorso ad una diga o ad un argine o ad una forza di Centro che, per dirla con Cavour, eliminasse da un lato la reazione e dall’altro la rivoluzione. Non sempre, però, il gioco riesce. Le forze antisistema, infatti, sono molto forti proprio perché hanno un’idea molto diversa del potere.
Alla fine con la morte del comunismo ha vinto – non sembri un paradosso – il modello del potere comunista che non vuole un potere limitato ma un potere buono e il potere è buono se è comunista o statalista. Ecco perché è necessaria la conquista del Palazzo d’Inverno: con essa si eliminano i nemici che sono cattivi e ignoranti e il potere diventa buono e siccome è buono può essere illimitato. Questo modello della conquista del Palazzo è oggi il modello di tutti e tutti si presentano come i salvatori della patria in cui non essendoci un limite a questa pretesa di salvezza si è finiti in quello che Saverio Vertone chiamava l’ultimo manicomio. Lo schema è semplice: ogni forza vuole la conquista del governo-stato per imporre se stessa in modo assoluto. Il governo-stato diventa così qualcosa di più di un governo: un organo di conoscenza con cui governare su ogni cosa. Una tipica forma di politica statalista con cui le forze politiche, di sistema e di antisistema, interpretano il sentimento degli italiani i quali chiedono a gran voce che la politica e lo Stato entrino nelle loro vite come tutori e risolutori di ogni problema e garanti di ogni sicurezza. E’ la tipica cultura – come illustro nel mio ultimo saggio che ha proprio questo titolo – de L’individualismo statalista con cui gli italiani credendo di salvarsi si dannano perché danno vita ad una macchina statale mostruosa che si nutre del loro stesso sangue.
Al contrario di quanto si tende a credere, non è il potere che corrompe gli italiani ma sono gli italiani che corrompono il potere. Proprio perché gli attribuiscono poteri salvifici che non ha. La domanda che c’è nel sistema politico italiano è falsa: chi deve governare? In una democrazia mediamente decente, invece, la domanda è un’altra: quanto si deve governare? La risposta è: poco, non molto, in modo limitato perché ogni governo che va oltre un certo limite è un cattivo governo. Ma è una risposta perdente. Il primato comunista, che si è imposto grazie alla morte del comunismo e alla vittoria del consumismo rendendo ormai inutile la differenza tra sistema e antisistema, diga ed eversione, esige la conquista del potere per renderlo buono.