di Gennaro Malgieri
A questo punto non è più il Benevento a dover rendere imbattibile il suo negativo record, ma le altre squadre che devono impegnarsi (non ci vuole molto, ammettiamolo) a non stabilire un altro record che sarebbe forse ancor più eclatante di quello che i sanniti detengono e deterranno per decenni. Vale a dire a chi cade prima per mano (o piedi) dei giallorossi. Non è scontato che avvenga, ma se l’ipotesi, per quanto in apparenza fantasiosa, dovesse concretizzarsi, credo che nel Guinness accanto al Benevento figurerebbe un’altra compagine del calcio italiano: la prima vittima dell’ultima in classifica con zero punti.
Il calcio è l’arte dell’impossibile. Pensate, domenica scorsa, nella sfida politico-sportiva che ha messo di fronte il Girona, squadra catalana appena promossa (e per la prima volta in novant’anni di storia) nella Liga spagnola, ed il blasonatissimo Real Madrid, il primo ha vinto 2-1 umiliando i “merengue” di Zidane e un po’ anche Mariano Rajoy, primo ministro notoriamente madridista, com’è noto impegnato in una più impegnativa partita. D’accordo, il Girona non è la “peggiore squadra d’Europa”, come arbitrariamente è stato definito il Benevento, ma è pur sempre una matricola che ha seminato il panico tra le file degli Achei come Troiani qualsiasi…
Dunque, piuttosto che sognare ad occhi aperti, aspettiamo non tanto il colpaccio del Benevento, quanto il suicidio di una qualunque formazione a causa magari di un fortuito episodio di gioco. Se ciò avvenisse domenica prossima, mettiamo il caso, contro la Juventus a Torino, i tre punti conquistati, per quanto importanti sarebbero niente, ma i titoli sui giornali di tutto il mondo farebbero perdere la testa a Vigorito e compagnia, tifosi compresi la cui fedeltà alla squadra non sappiamo se sia più prossima all’eroismo o alla rassegnazione. Il sostegno è commovente, non c’è dubbio. Se ne fossero consapevoli, oltre agli osservatori anche i giocatori – che hanno comunque impartito una lezione contro la Lazio: come non si affronta una partita di calcio – non avrebbero abbordato la partita nella maniera più imbarazzante che si possa immaginare. Far dilagare l’avversario per mezz’ora senza opporre la più pallida resistenza è qualcosa che sui campi di serie A raramente si è visto, a tutti i livelli.
La domanda, alla fine del primo tempo – a risultato ampiamente acquisito – è stata la seguente: era proprio il caso di cacciare Baroni per ottenere lo stesso effetto con De Zerbi? Non risponderà nessuno, ovvio. Intanto la società dovrà pagare due stipendi: e se con quei soldi si fosse acquistato un centravanti di peso o un difensore più accorto o un centrocampista più dotato? Anche questa domanda resterà inevasa. Così come nessuno spiegherà come e perché il secondo tempo è stato giocato con una grinta inimmaginabile da parte dei giallorossi oggettivamente piegati da un punteggio assai penalizzante.
I misteri beneventani sono tanti. Potremmo dilungarci all’infinito senza venirne a capo. Limitiamoci per ora ad assistere impotenti alla falcidia di un sogno durato ottantotto anni. Nell’attesa di una rovinosa caduta, non del Benevento, come s’è detto, ma di una qualsiasi avversaria. Meglio se proveniente dall’Olimpo del calcio italiano. Una vittoria, per i giallorossi, che riscatterebbe tutto un campionato finito troppo presto temiamo.