di Billy Nuzzolillo
Lo scorso 22 agosto, nell’ambito della trasmissione Fuori Luogo di Rai Uno dedicata agli effetti del terribile sisma del 23 novembre 1980 in Irpinia, il geologo Mario Tozzi presentò Cerreto Sannita come l’unico paese del “cratere irpino” capace di attraversare tre secoli senza subire danni dai terremoti.
In realtà la scossa produsse consistenti danni generalizzati anche al patrimonio edilizio cerretese, come ricorda l’architetto Nicola Ciaburri nel libro “La forma come resistenza sismica. Una città costruita dopo il terremoto del 1688” che smentisce seccamente l’assunto secondo cui Cerreto Sannita debba ritenersi un luogo sicuro in caso di terremoto: “La realtà è ben diversa: se è vero che esistono nella forma della città e nella tipologia edilizia elementi che ci permettono di abbassare l’esposizione al rischio, è tuttavia certo che le manomissioni delle strutture originarie, la scarsa manutenzione, la vetustà fanno definire il patrimonio edilizio cerretese per niente sicuro”.
Il libro parte dall’analisi preliminare della mappa elaborata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), che evidenzia le faglie attive e le sorgenti sismo-genetiche presenti nell’agro cerretese (in particolare la faglia bordiera di monte Acero), e gli effetti prodotti dai vari terremoti registratisi nel Sannio nel corso dei secoli (in particolare da quello che il 5 giugno del 1688 rase al suolo Cerreto).
Lo studio dell’architetto Ciaburri approfondisce, poi, il ruolo svolto nell’opera di ricostruzione della cittadina dai Carafa (in particolare da Marino Carafa), definiti “accorti amministratori dei privilegi e delle risorse loro offerte dalle potenzialità dei loro feudi”, tant’è vero che “il rinnovamento non persegue caratteristiche estetiche o legate alla cultura urbanistica, ma sviluppa un assetto spaziale indirizzato all’organizzazione del lavoro” mediante la suddivisone in due tipi di isolati: a corte e a spina. Quest’ultimo, secondo l’autore, “definisce una parte urbana in cui la residenza esplica anche la funzione di luogo di lavoro specializzato e legato alla produzione dei panni lana. Al piano terra delle cellule edilizie si trova il telaio o la bottega per la realizzazione degli attrezzi (forbici o cardi per la lana). Il resto del paese è costituito da residenza pura e semplice ed è organizzato attraverso l’isolato a corte”.
Elemento caratterizzante e fondamentale della ricostruzione, realizzata più a valle rispetto al precedente sito, è che si tenne conto del fatto che nella vecchia Cerreto i maggiori danni e le vittime furono provocati dall’effetto domino dei crolli. Le case alte furono le prime a crollare e la dimensione ridotta dei vicoli li trasformò in una trappola senza via d’uscita. Di qui la scelta di realizzare nella nuova Cerreto vicoli ampi che interrompono la continuità urbana mediante un sistema organizzato tramite isolati e strade principali di larghezza tale che eventuali crolli ne lascino una parte libera ed utilizzabile. Senza dimenticare, inoltre, la funzione di spazio pubblico di raccolta che può essere svolta dalle principali piazze cittadine. Aspetti che sostanzialmente consentono di affermare con certezza che la nuova Cerreto è da considerare la prima città italiana costruita con impianto urbano antisismico, essendo la sua edificazione precedente a quella di Catania (1693).
Cosa, quest’ultima, ben diversa però dal ritenere Cerreto una città antisismica. A tal proposito Ciaburri ricorda anche gli effetti del sisma del 1805, che fece registrare una diversa risposta dei terreni di fondazione tra la parte alta e la parte bassa del paese in conseguenza della quale furono attivate una serie di opere di consolidamento (speroni e catene ancora oggi visibili).
“Quindi– spiega ancora l’architetto -, un sisma avvenuto dopo appena un centinaio d’anni dalla ricostruzione e con abitazioni che avevano visto il loro completamento circa cinquanta anni prima, con una intensità non estrema, non ha registrato una buona resistenza degli edifici, con buona pace di chi si ostina a sostenere che Cerreto sarebbe una città antisismica in quanto formata da edifici sismo-resistenti”. Tra l’altro, è anche da tenere presente che un altro elemento di rischio è rappresentato “dalla localizzazione del paese su un costone tra due torrenti, con conseguente concreto rischio che, in caso di terremoto, si inneschino frane verso gli alvei torrentizi”.
Di qui la necessità di non lasciarsi fuorviare da chi definisce Cerreto una città antisimica, nel senso di città costituita da edifici sismo-resistenti, perché atteggiamenti di questo tipo, secondo Ciaburri, contribuiscono solo ad alimentare un allentamento nella coscienza antisismica. Piuttosto, sarebbe opportuno avviare un’indagine sulla vulnerabilità dei singoli edifici al fine di operare una corretta manutenzione ed eliminare eventuali criticità legate ad errori di intervento, anche perché – come sottolinea l’autore nella parte finale – “la cultura costruttiva dovrebbe tornare ad essere l’elemento che produce economia nel mentre rende più sicuri i nostri paesi”.
(dal blog www.billynuzzolillo.it)
280 pagine – pubblicato nel 2017 da Tetaprint
ISBN: 978-88-942267-4-4