di Billy Nuzzolillo
Il libro “Vigneto Castelvenere. Vite, viti e vini” di Pasquale Carlo è una preziosissima ricostruzione della nascita della viticoltura moderna nel Sannio. Partendo da Castelvenere, la realtà campana con la più alta densità di superficie coltivata a vigneto (984 ettari vitati, ovvero il 59% del territorio comunale), l’autore racconta con scorrevole stile giornalistico, senza peraltro rinunciare alla meticolosità metodologica del ricercatore, la profonda trasformazione che hano subito la coltivazione delle vite e la vinificazione nella provincia di Benevento nel corso degli anni.
E lo fa attraverso 49 racconti che narrano una vera e propria rivoluzione, stimolata anche da diversi fattori esterni: per la prima volta, infatti, vengono mappati organicamente l’arrivo e la diffusione in terra sannita dei tre flagelli che misero seriamente a rischio la vite nell’intero continente europeo – l’oidio, la peronospora e la fillossera – e la cui lotta generò una profonda trasformazione, dando vita ad un’agricoltura specializzata.
Pasquale Carlo ricorda, ad esempio, il prezioso lavoro svolto dai Comizi agrari di Benevento, Cerreto Sannita e San Bartolomeo in Galdo nella lotta contro le malattie delle piante e il ruolo decisivo svolto dalla vite americana che, avendo sviluppato una resistenza genetica alla fillossera, venne utilizzata come portainnesto delle viti autoctone; oppure ricorda il ruolo (finora poco conosciuto) di Cerreto Sannita, soprattutto nell’Ottocento, allorché dal centro titernino partiva il più alto numero di barili di vino per la capitale del Regno e dove nel 1887 si svolse la prima mostra dei vini, degli olii e dei formaggi del comprensorio titernino, che precedette di circa un ventennio la prima esposizione enologica – olearia provinciale.
Particolarmente interessante è anche il capitolo dedicato all’emigrazione da cui si evince che nel decennio 1901-1911, in evidente controtendenza rispetto agli altri centri dell’area del Titerno, solo Castelvenere, San Salvatore Telesino e Solopaca (che all’epoca comprendeva anche la frazione di Telese), fecero registrare un consistente boom demografico, favorito proprio dallo sviluppo dell’agricoltura e del termalismo. Altrettanto interessanti sono anche i capitoli dedicati alla descrizione della rivoluzione delle tecniche di lavorazione in cantina, con importanti documentazioni sulle prime produzioni di vini di qualità a le pioneristiche pratiche di spumantizzazione.
L’ultima parte del libro descrive, infine, l’evoluzione dei vitigni coltivati in territorio sannita. Per la prima volta vengono disegnati i percorsi dei diversi vitigni storici, vengono illustrate le rotte compiute in terra sannita dai più blasonati vitigni nazionali, raccontando anche delle sperimentali coltivazioni di varietà internazionali attuate sul finire del XIX secolo. E, sempre per la prima volta, viene soprattutto ricostruita meticolosamente anche la storia del misterioso “barbera del Sannio” e il percorso compiuto tra le campagne sannite dall’omonimo vitigno di origini piemontese, fino a risalire al momento preciso in cui prende corpo la confusione tra due vitigni distinti e diversi, eppure accomunati dallo stesso nome.
In definitiva, il libro “Vigneto Castelvenere. Vite, viti e vini” di Pasquale Carlo, oltre che un preziosissimo documento storico, è anche un importante strumento di diffusione della cultura del Sannio perché, come scrive Nicola Matarazzo nella prefazione, “il vino da bevanda funzionale (per l’alimentazione), oggi assume sempre più connotazioni culturali, dove tutto quello che diventa importante e ricco di significati, è quello che si dice essere dietro un calice di vino”.
(tratto dal blog www.billynuzzolillo.it)
386 pagine – pubblicato nel 2017 dall’Istituto Storico Sannio Telesino
ISBN: 978-88-901795-6-3