di Guido Bianchini
Che questa stagione storica sarebbe stata all’insegna della sofferenza lo si sapeva sin dall’inizio, ma è difficile accettare il fatto che, come spesso accade nella vita, i sacrifici non sempre vengono ripagati. È questa la “morale” molto amara del primo trittico della Strega in A. Tre partite abbordabili, affrontate con un piglio volitivo dalla truppa di Baroni, ma che, stando alla spietatezza concreta dei numeri, valgono zero punti in classifica e il computo dei gol fermo al gioiello di Ciciretti a Marassi. Eppure i primi due passi falsi non avevano scalfito l’entusiasmo in curva sud, anzi gli acquisti frenetici dell’ ultima settimana di mercato (indice del fatto che la società dalla promozione non è stata comunque in grado di pianificare per tempo una campagna lungimirante e adeguata ai mezzi e al peso della squadra, correndo ai ripari in fretta solo dopo il verdetto negativo del campo), facevano sperare in un cambio di rotta repentino, dimenticando il fatto che, come diceva Sibilia, dopo i giocatori bisogna comprare l’amalgama, rendere undici e più uomini una squadra, compito non facile se si fanno tanti necessari innesti dopo il ritiro estivo. Il tifoso però ignora o finge di ignorare queste dinamiche, si improvvisa direttore sportivo con dati raccolti dal web solo per poter cullare speranze di salvezza e trovare nuovi santini da adorare o disprezzare, come bimbi che collezionano figurine e sono felici di aprire il pacchetto nuovo comprato da papà Oreste, sperando che vi siano pochi doppioni e figure utili a non farne altre di altro tipo sul campo. È anche periodo di aste da fantacalcio, per cui la tendenza a sentirsi esperti di mercato è ancora più accentuata e ognuno ha già il suo pupillo o il bidone giallorosso. Si va da Armenteros l’esotico svedese cubano, presentato come l’Ibra cresciuto alla Van Basten e con il ritmo nel sangue, fino a Iemmello, cui si perdonano anche i trascorsi foggiani, perché già il nome Pietro permette fantasiosi e nostalgici accostamenti a Maiellaro, passando per chi: ” ten buon u tir” o “è forte e cap”, per arrivare al solito nichilista che sentenzia: ” se eran buon veneven cca”.
A mettere tutti d’accordo ci pensa Giove pluvio, come se avessero un timer incorporato, le nuvole minacciose dell’intera giornata scaricano impietosamente il loro fardello esattamente al calcio d’inizio e gli abbonati dell’anello superiore, visti i costi non proprio modici, reclamano ironicamente una tettoia, un riparo per evitare la doccia improvvisa. Molti fuggono da ogni parte, salvo poi risalire per un effetto quadriglia meteoropatica, i più temerari resistono inde-fessi, inverando Boskov quando diceva: “tifoso vero non esce quando c’è sole” . Si tirano fuori imperniabili di diverse fogge e colori e la curva si trasforma d’incanto in una condomerie olandese, come inno a proteggersi contro la pericolosa malattia del tifo. il campo è pesante, annulla le differenze tecniche per una buona mezz’ora e ci si augura che accada più spesso, visto che gli stregoni non soffrono l’avversario, anzi i due lampi di Ciciretti e Coda, per i quali molti auguravano a modo loro maggior fortuna a Sirigu al PSG, aumentano i decibel di una curva fradicia in attesa delle classiche e quanto mai tardive ampie schiarite.
L’intervallo è momento di bilanci: quelli calcistici vanno dal punto dorato, fino all’ottimismo di tre punti non più utopici visto un Toro mansueto e una Stega viva e in vena di colpi fatali, cui si aggiungono quelli sanitari con timori per malanni possibili o reumatismi futuri. La ripresa non genera grandi patemi perché la gara sembra incanalarsi verso un pareggio a reti bianche che, almeno per l’aggressività e la grinta non accompagnata però da conclusioni adeguate, sembra stare più stretto ai sanniti che ai granata. Sennonché la serie A, come avrebbe dovuto essere già chiaro col Bologna, non concede sconti, disattenzioni e cali neanche in pieno recupero. Il gol beffa di Iago Falque, che già nel nome evoca uno storico confetto lassativo, è una purga che non premia gli sforzi giallorossi e ci riporta drasticamente con i piedi per terra.
Come dichiarato dallo stesso Baroni gli elogi di stampa e avversari servono a poco la mancanza di punti contro squadre rivelatesi decisamente alla nostra portata già inizia farsi sentire, mitigata dal passo analogo delle concorrenti. Qualche lieve miglioramento rispetto alle due prime uscite inizia a vedersi, ma solo le gare successive al treno Napoli-Roma che si spera non ci travolga senza pietà, ci diranno se la massima serie può essere alla nostra portato o se invece va vissuta come una gita, non tanto di piacere, per poi ripartire con un progetto più adeguato, meno improvvisato per riaffacciarsi nell’olimpo del calcio italiano con mezzi, peso, strumenti , strutture e mentalità societaria e cittadina più all’altezza del salto di categoria.