di Antonio Medici
L’anima dei gourmet, buongustai raffinati, e dei gourmand, buongustai mangioni cui certamente ci ascriviamo, ruota intorno al gusto. Affermazione scontata. Eppure resta da capire cosa si intenda per gusto, quale sia l’oggetto del diletto, della gioia, del piacere, dell’interesse. Le mere sensazioni gustative, il palato, l’olfatto giustificano da soli il movimento, la ricerca, le elucubrazioni di questi maniaci per lo più panciuti? Giammai. Il vero gusto degli appassionati del gusto risiede nelle storie di cui cibo e vino sono mediatori. Storie di luoghi e di persone. Storie di relazioni umane nate all’insegna di formaggi, paste, salami, vini. Le storie veicolate da vivande e calici e animate dalle tavole sono ben più saporite delle vivande stesse. Percorsi umani sovrastano sapori e odori, vi sovrintendono addirittura.
Pigliamo il caso della recente esperienza di un non breve soggiorno obbligato, dal lavoro non già dalla legge, beninteso, in Grafagnana. Tintinna e sbrilluccica di fucsia il moderno smartphone, giusto ieri l’altro, mentre m’addentravo nella consueta notte insonne. Patrizia Baretto Castelnuovo, questa la rubrica nella lista delle notifiche. Slick, slick, slick, sfila il pollicione sul tasto ma la crema idratante deve aver confuso il lettore di impronte del grande fratello da me stesso autorizzato a riconoscermi col più intimo dei dettagli. Segue trepidazione con insulti globali, gridati a labbra chiuse. Un paio di frementi attese di 30 secondi per dar tempo alla mia impronta di ristabilirsi e al mio telefono di riconoscermi e ecco la magia delle storie nate sopra una tovaglia: “Buonasera, stavo scorrendo il telefono ed ho ritrovato un suo messaggio, è già un po’ che non la vediamo, spero che vada tutto bene. Speriamo di rivederla presto, cordiali saluti. Ristorante il Baretto a Castelnuovo Garfagnana”.
Il tempo di leggere e si sono riproposte col dolce timbro della locandiera cerimoniosa, gentile e disponibile, i sapori della polenta fritta di mais ottofile, dei ravioli con la farina di castagne ed il cacao, della trippa, della zuppa di farro, del biroldo, dei salumi, delle crostate. Addirittura si imponeva la sensazione di orgoglioso affronto al freddo pungente della passeggiata all’ombra della fortezza ariostea, allora concesso del calore del Montecarlo e degli altri rossi delle colline lucchesi di cui il petto era empio.
Serate solitarie nel piccolo bar con cucina a ridosso della piazza principale di Castelnuovo Garfagnana. Una trentina di chilometri dal Ponte del Diavolo, percorsi nel buio rabbuiato dalle vette Apuane e dell’Appennino, spezzato appena dagli aloni arancioni delle luci fermate dalle intemperie e dai fumi delle cartiere, per trovar rifugio in un ambiente schietto, nei racconti accorati di Patrizia, nelle sue cure. Lunghissime cene, continuate quando la fame era già spenta, solo per il gusto di trovar nuove occasioni di discussione. Il pane, le patate, i funghi, i maiali indigeni e quelli importati dalla vicina Emilia. Chiuso in fondo alla saletta appena riservata, di lato dall’ingresso, Patrizia compariva e scompariva, interveniva e taceva, intuendo i giusti tempi da lasciare alle riflessioni ed alle chat con gli amori lontani.
Un bel prosciutto bazzone, prodotto esclusivo della zona, di difficile reperibilità, è giunto sin sul golfo per essere consumato tra amici, grazie ai buoni uffici di Patrizia con uno spacciatore del posto.
Sballottare nell’agitato mare delle locande, delle cantine, delle vigne porta con se storie di incontri e terre cui il cibo fa essenzialmente da contorno, pur nella sua squisitezza.
C’è da abbandonarsi ad un viaggio lungo e tortuoso per il gusto di ritrovare Patrizia e le con lei tutte le altre locandiere che servono prelibatezze arricchite d’umanità.
Ristorante Il Baretto
Via Farini, 5 – Castelnuovo di Garfagnana (LU)