di Giancristiano Desiderio
Massimo Cacciari è Massimo Cacciari e io – per rovesciare hegelianamente la celebre massima del marchese del Grillo – non sono un cazzo. Tuttavia, le cose che dice oggi, a babbo morto, il filosofo veneziano – il Pd “è un partito finito, o meglio, che non è mai nato” – le dicevo anni fa quando un po’ per tutti la fusione della Margherita e dei Ds era la incarnazione della mancata “gioiosa macchina da guerra” del compagno Occhetto. La mia sintesi era elementare: il Pd è il partito del potere inutile. Infatti, quale partito, se non questo del centrosinistra di Prodi, D’Alema, Veltroni, Letta e Renzi, è stato il vero partito del potere italiano? Nel tanto vituperato ventennio berlusconiano non c’è stato nessun altro partito, neanche la banda di scarpa sciolta di nani ballerine olgettine pubblici ministeri in servizio permanente effettivo e statisti in sedicesimo di Forza Italia, che abbia avuto più potere del Pci-Pds-Ds-Pd. E mai potere si è rivelato più inutile e dannoso.
Finito il centrodestra, per molto tempo il Pd è stato visto come l’ultima spiaggia. Ma era un’illusione ottica o un autoinganno. Il Pd, infatti, è un anacronismo. Mentre fuori premevano i barbari, il Pd era l’ultima ridotta in grado di salvare la civiltà. Una specie di Fortezza Bastiani nel bel mezzo del deserto dei Tartari. Che stronzata! Può darsi che i barbari ci siano davvero ma il Pd non ha alcun potere salvifico, né per l’Italia, né per se stesso. Non è un partito nuovo ma l’ultimo partito vecchio. Ora che gli scissionisti sono andati via – ma, in realtà, sono ancora lì e magari si troverà anche un accordo sulle candidature per restare tutti insieme senza saper fare niente – si sente dire che finalmente anche in Italia nascerà un grande partito democratico o liberal. Altra stronzata! In Italia non nascerà nulla di nuovo e moderno perché tutti – eletti ed elettori – sono nostalgici di un mondo che era già vecchio quando era giovane: lo Stato sovietico nella società libera e del benessere garantita dalla sovranità degli Stati Uniti. Volgarmente si dice così: pisciare e andare in carrozza.
La carrozza che ci scorrazzava per il mondo non c’è più. Ora c’è una più modesta carrozzina chiamata Europa. Per tutti l’Europa è un alibi o un parafulmine: se c’è il dramma degli immigrati e dei profughi è perché c’è l’Europa; se c’è la crisi è perché c’è l’Europa; se l’economia non cresce è perché c’è l’Europa. Insomma, l’Europa è il problema italiano mentre è fin troppo evidente che è l’Italia il problema europeo. Per tutti c’è una ricetta economica giusta: farla finita con l’austerità e ricominciare con gli investimenti pubblici. Con i soldi di chi? Tutti vogliono spendere di più producendo di meno e aumentando il debito mentre la strada sulla quale dobbiamo incamminarci è quella opposta: spendere di meno, producendo di più e diminuendo il debito. In Campania il governatore De Luca ha avuto una grande idea: un grande piano di assunzioni di massa nella pubblica amministrazione. Quello che è il problema – l’esistenza delle Regioni – diventa la soluzione.
Il grande economista Keynes elaborò, più o meno come De Luca, una teoria paradossale che fu detta teoria della buca: lo Stato dovrebbe pagare i disoccupati per scavare buche che poi gli stessi disoccupati, occupati a scavare buche, riempirebbero. La teoria keynesiana è attuata in Italia da sempre dal potere inutile con i lavori socialmente utili, le defunte partecipazioni statali, i monopoli di stato e di partito e di sindacato, le società partecipate, le Regioni, gli enti, i sottoenti, le comunità montane e marittime, i bonus, le mance, i voucher. La teoria della buca di Keynes è stata perfezionata in Italia: il Paese che si scava la fossa con le proprie mani.