di Giancristiano Desiderio
Lo hanno definito il re dei profughi ma Paolo Di Donato a volte dà l’impressione di essere lui stesso un profugo. Da quando è stata pubblicata quella foto un po’ pacchiana che lo ritraeva con una Ferrari, è diventato una specie di mostro. In questo paese ti perdonano tutto, tranne una cosa: i soldi. Se hai i soldi sei condannato socialmente perché vuol dire che hai rubato, altrimenti i soldi non potresti averli. Se poi i soldi li hai fatti con un’attività di accoglienza di immigrati e profughi, allora, vuol dire che sei uno senza scrupoli che si arricchisce con le sciagure umane. Insomma, sei il classico sfruttatore che non merita alcun rispetto.
Nel Sannio, che un tempo era terra di emigranti e oggi accoglie nei suoi paesi questi ragazzoni alti e neri che un po’ muovono la compassione e un po’ si danno da fare, ci sono circa ottanta centri di accoglienza che altro non sono che case riadattate alla meno peggio al bisogno. Quando la prefettura chiama, i centri accolgono. Non è un lavoro facile perché nasce dall’emergenza e perché l’accoglienza, che è perfettibile per definizione, è più facile da predicare che da praticare. Paolo Di Donato, che ha lavorato in precedenza nella cura degli anziani, si sporca le mani e senza rosari e paternostri trova ai “richiedenti asilo” un letto, un bagno, una cucina, dei vestiti, un interprete e dona magari anche una naturale simpatia che gli deriva dalla sua pinguedine. Il suo consorzio Maleventum – nome che la storia convertì in Beneventum – è arrivato ad accogliere anche 1500 profughi che la prefettura e il ministero non sapevano dove collocare ma sapevano che a Benevento, anzi, a Sant’Agata dei Goti c’era un pazzo che non aveva paura di passare per uno sfruttatore di carne umana ed era capace di trovare un tetto a chi nessuno avrebbe dato neanche un ponte. In questa nostra società di merda, in cui la santa inquisizione è stata sostituita dalla questione morale, gli sfruttatori fanno comodo perché ci lavano la coscienza e ci danno la possibilità di fare i moralisti.
Degli ottanta centri di accoglienza sparsi per il Sannio, sembra che facciano schifo solo quelli del re dei profughi. Eppure, Maleventum, con i suoi 16 centri di accoglienza, ha subito ispezioni e controlli un giorno sì e un giorno sì: ben 103. Tutti gli hanno fatto visita: i Nas, l’ispettorato del lavoro, i vigili del fuoco, l’Arpac, corpo forestale, i carabinieri, il nucleo operativo ecologico, l’Asl, l’ispettorato per la sicurezza dei luoghi di lavoro, i vigili sanitari dell’Asl, ispezioni del commissariato per le nazioni unite, nonché i commissari prefettizi che ogni mese assistono al pagamento del cosiddetto “pocket money”. Non è mai emerso nulla di sconvolgente. Come è possibile? A volte il diavolo non è così brutto come lo dipinge la nostra cattiva coscienza. Oppure, i controllori di Paolo Di Donato sono tutti corrotti.
Non credo che il re dei profughi sia un santo. Avrà commesso senz’altro errori, sbagli, imprudenze proprio come commettono errori, sbagli, imprudenze tutti quelli che non se ne stanno con le mani in mano e provano a fare qualcosa in un paese in cui ormai non si può fare più niente senza che qualcuno che non sa fare un cazzo non ti venga a dire che stai sbagliando. Oggi il diavolo di Maleventum accoglie 850 profughi ai quali ogni giorno non manca il pasto caldo e, in questo inverno rigido e scontento, il riscaldamento. I critici del demonio che fa i soldi con i profughi, quelli che hanno la coscienza pulita, dovrebbero fare per un solo giorno il lavoro sporco di Paolo Di Donato. I profughi tornerebbero ai loro paesi d’origine.
Il lettore si chiederà perché ho scritto questo pezzo. Semplice: perché odio la logica spietata e incivile del capro espiatorio. Oggi Paolo Di Donato, che accoglieva i profughi quando tutti li cacciavano, è indicato come un delinquente. Invece, ha dato a tutti nel Sannio una bella lezione di civiltà e ogni volta che lo incontro gli stringo volentieri la mano. Lo conosco da quando eravamo ragazzi e per me è rimasto l’amico di sempre, intelligente e spontaneo. Con una sola differenza: trent’anni fa non aveva la Ferrari ma una Porsche. Eppure, non c’erano ancora i profughi. Strana la vita.
È quasi un anno che lavoro per Paolo. Ho sempre detto e ho sempre pensato, sono fiera di lavorare per lui! È un gran uomo e fa tanto per i ragazzi! Complimenti veramente!
Condivido parola per parola e aggiungo che a perseguitarlo è l’invidia di quanti nella vita non sanno fare un cavoloe si accaniscono contro le capacità altrui.
Per quel che mi riguarda, come fornitore Antincendio, posso dire che ripongono massima attenzione e scrupolosità per quanto concerne la sicurezza degli ospiti dei vari centri.
Massimo rispetto.
Io ho lavorato per il Sig. Paolo Di Donato.
Sia come insegnante di Italiano per i profughi che come responsabile di un centro di accoglienza femminile. Che dire… nulla è trascurato per il buon vivere degli ospiti. Dal cibo all’igiene, dell’integrazione al supporto psicologico, dalla salute al rispetto dell’identità culturale.
Sinceramente proprio non comprendo tanto accanimento verso chi ha inteso fare business nel sociale con tanta umanità.
Il signore Paolo Di Donato e un grande uomo….a accolto emigrati che stavano abbandonati,li ha fatto un tetto,un letto,vestiti ,scarpe e di mangiare.A fatto un gesto di umanità .State scrivendo solo bugie non sapete più che cosa scrivere.Andate a guardare i delinquenti e non persone che fanno del bene.Paolo Di Donato a datto un saco di posti di lavoro ai Beneventani .Non sono i vostri problemi se va in giro con Ferrari….guardate il bene che sta facendo…i giornalisti si inventano solo stronzate..Grazie a Paolo Di Donato abbiamo un posto di lavoro.
Grazie . Ti stimo
Ne abbiamo lette tante su Di Donato e i profughi. A cominciare dalla bufala della Ferrari, ma chi lo conosce se lo ricorda con la Corvette bianca prima ancora della Porsche. E per dirla alla Di Pietro e che c’azzecca. Forse è il caso, per chi davvero non vuole capire che lavoro c’è dietro il servizio dell’accoglienza ai profughi, di chiedere all’imprenditore come si fa a fare impresa in un paese Italia dove fallire è facilissimo ma rialzarsi e andare avanti è da uomini duri, di quelli che se c’è da dormire 4 ore la notte non si tirano indietro. Chiediamogli come si fa e come si potrebbe duplicare e moltiplicare il suo esempio di attivismo concreto in un paese fermo. Chiediamogli come si fa a tenere insieme culture diverse e a far funzionare una organizzazione in cui ognuno non può fare errori perché l’errore di uno si ripercuote sul servizio che diventa disservizio in un secondo. Forse dubitare di una persona ma a questo punto di una macchina fatta di fornitori, assistenti sociali, interpreti, medici, e di tante tante altre professionalità è più facile che chiedersi come si fa ma non serve a nulla. A me personalmente non interessa l’organizzazione dell’accoglienza, interessa l’esempio. Allora chiediamogli non che ne fa dei suoi soldi, perché l’impresa ha come scopo il profitto altrimenti non è impresa mai, ma come si fa secondo lui a fare impresa in altri settori e quali doti deve avere un uomo di impresa per portarla avanti, come si fa a risolvere un problema quando inevitabilmente si presenta sul nostro percorso e non abbiamo scelta, o bere o affogare! Ecco forse questa sarebbe davvero una buona iniziativa e un punto di partenza. Grazie Paolo.
Ho conosciuto tantissimi anni fa Paolo Di Donato ed ho imparato ad apprezzarlo,divenendone affettuoso amico prima ancora per la sua umanità e solo dopo per la sua grande capacità imprenditoriale.Paolo di Donato,che contrariamente a ciò che si vuol fare apparire,non ha avuto sempre una vita rose e fiori, è riuscito, grazie alla sua intelligenza e alla sua capacità,a realizzarsi in maniera magistrale in una realtà difficile e depressa.In una provincia,come quella sannita,dove buona parte della classe dirigente , quando non è stata gattopardesca ha preferito essere amica del giaguaro,privilegiando l’interesse personale a dispetto di quei pochi politici ,che vendevano le proprie proprietà per lottare con coraggio per l’interesse comune , Paolo Di Donato , con un coraggio da leone , al punto da sospettare di essere un grande folle , mentre tanti cianciavano e facevano bla bla , ha affrontato l’ emergenza profughi nel Sannio , riuscendo ad accogliere oltre 1500 profughi in ben 16 strutture dislocate nel disarticolato e accidentato territorio sannita , privo di strade , di strutture e di collegamenti . Contro di lui , in una terra di migranti com’ è quella sannita , si è scatenato il livore di persone gonfie di parole vuote , che avendo perso il senso dell’ antico coraggio sannita hanno preferito rassegnarsi all’ immobilismo di una terra , che sempre più sta vivendo la desertificazione demografica con il pericolo di scomparire nell’ arco di vent ‘ anni . Se
133 controlli alle sue strutture , che ne hanno rilevato la regolarità , non bastano , allora è proprio vero che anche gli ultimi romantici e coraggiosi sanniti devono abbandonare a se stessa questa terra che fu un tempo gloriosa e che dal secondo dopoguerra in poi è stata preda di lanzichenecchi e personaggi che amavano sentire la moneta rumorosa che cadeva nel piatto della questua della propria chiesa .
Negli ultimi tempi, la questione migranti, in Italia è diventata un argomento molto delicato, che innesca polemiche, strumentalizzazione politica ed ognuno si sente in diritto di esprimere un proprio giudizio, anche senza cognizione di causa…
Ad alcuni poco importa voler davvero conoscere le innumerevoli difficoltà affrontate da coloro che sono impegnati nella gestione dei centri di accoglienza.
L’ importante è che si abbia la possibilità di sfogare le proprie frustrazioni su di un capro espiatorio, senza alcun rispetto per il lavoraccio, che è dietro alla regolare amministrazione di un centro di accoglienza….
Non è affatto semplice sia per i migranti che per i gestori interagire…
Tra i primi ostacoli c’ è proprio il reale inserimento all’ interno di una cultura ed una società molto diversa dalla loro…
E su questa integrazione e sul rispetto dei migranti, perché esseri umani, si basa il successo dei centri del Consorzio Maleventum…
Invece di provare rabbia od invidia nei confronti di chi, con tanti sacrifici, porta avanti un bel progetto umanitario, dovremmo essere orgogliosi di avere sul nostro territorio i migliori gestori di tutta Italia.
Complimenti al Consorzio Maleventum ed a tutti coloro che collaborano affinché sia garantito il massimo rispetto dei diritti umani a persone, che hanno già sofferto tanto nella loro vita e che, qui, nonostante non si sappia dove sarà il loro futuro, trovano un clima di accoglienza umana, in strutture adeguate alle loro esigenze.
Ad Maiora a tutti! In particolare al signor Di Donato Paolo, uomo molto buono d’ animo ed è per questo che è impeccabile nel portare avanti il suo impegno!
Sono una psicologa psicoterapeuta che da circa un anno lavora presso una delle strutture Damasco. Non conoscevo “il re dei profughi” prima del mio impiego, eppure ne avevo sentito parlare sempre e solo in un’ unica direzione. Il nostro è un lavoro complicatissimo, perchè che se ne dica con tutte le difficoltà derivanti da un sistema burocratico istituzionale farraginoso, oltre ad occuparci di accoglienza di prima istanza, facciamo Integrazione con la “I”maiuscula. Sono personalmente impegnata 5 giorni su 7 tra accoglienza, mediatori, rapporti con la prefettura, con la questura, assistenza sanitaria e sostegno psicologico. Siamo una delle poche realtà che nonostante subisca controlli un giorno sì e l’altro pure (ben vengano) portiamo avanti una funzione complessa che è anzitutto sociale. Coloro che affermano il contrario sono solo dei “parlatori”, “borghesi impettiti” e rivoluzionari da social, che mai hanno alzato un dito per il prossimo. Ma a loro piace parlare, per disprezzo o invidia non lo so e sinceramente poco importa. A me interessa svolgere il mio lavoro nella maniera più professionale possibile: fornire sostegno ai migranti, agli operatori e ai professionisti coinvolti nel setting di accoglienza. Assistere loro in un percorso di orientamento, conoscenza e inserimento nella società di arrivo, funzione delicatissima e difficilissima che è anzitutto umana. Tutte cose – al di là di ció che dicono i soliti “leoncini da tastiera” sparsi quà e là – che grazie a Damasco e allo stesso signor Di Donato ho potuto mettere in pratica in piena libertà e nel massimo rispetto della mia professionalità.
Sono una dipendente del signor Paolo Di Donato da circa 20 mesi. In tutto questo tempo ne abbiamo avuti di controlli.. tutti andati a buon fine. Solo chi vive quotidianamente questa realtà può capire e sapere il vero impegno che richiede questo tipo di lavoro.È un lavoro complicato per vari aspetti,sopratutto per la cultura e mentalità diverse……Certo il signor Di Donato è un imprenditore…..e in quanto tale non deve e non può fare beneficenza
Siamo alle solite caro Paolo, non te la prendere. In questa città in eutanasia, chiunque cerchi di fare qualcosa, e soprattutto se lo fa con successo, rischia la solita manfrina cattiva e parassita di chi, invece di fare ed emulare in meglio, preferisce demolire e spargere le famose piume dell’infamia e della diffamazione. Credo che a te non serve il mio consiglio ma voglio comunque ricordarti la famosa scritta che negli anni ottanta comparve a Napoli durante la curiosa e famosa disputa di declassare S.Gennaro a Santo di serie B: SAN GENNA’…FUTTATENNE!!
Un affare da decine di milioni di euro non lo si può definire accoglienza, incassare soldi pubblici senza renderne conto a nessuno non è accoglienza, far passare che chi ha la gestione di queste case lo faccio per solidarietà umana verso il prossimo è un errore madornale. Chiamiamo le cose con il suo nome questa è sola una questione di soldi di affari dove tutti hanno la propria fetta e tutti si dichiareranno solidali verso i fratelli neri fino a quando mamma Italia continuerà a farsi mungere, ma quando il latte sarà finito allora vedremo la solidarietà in chi veramente risiede.