di Giancristiano Desiderio
Dalle colonne del Corriere della Sera Beppe Severgnini ci fa sapere che l’America che gli piace è quella “fantasiosa e generosa di Bruce Springsteen, Jeff Bezos, Bill Murray e Philip Roth; non quella ansiosa e smargiassa di Donald Trump”. Bene, ci fa piacere ma non si capisce perché i gusti personali di un giornalista italiano dovrebbero essere rilevanti e determinanti nel giudizio sul voto degli statunitensi che hanno liberamente scelto il 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America. O, se volete, lo si capisce: perché è da sempre che sia i corrispondenti italiani in America sia le firme da salotto televisivo sproloquiano su Donald e Hillary, come se fossero stati un candidato di destra e una candidata di sinistra di casa nostra, ignorando del tutto la realtà americana. Ora che la realtà, come sempre accade, si è ripresa con gli interessi i suoi diritti, le firme da salotto specializzate nelle ovvietà ci dicono che la loro è un’altra America, proprio come il sofisma degli intellettuali di sinistra che quando perdono dicono che la vera sinistra è un’altra cosa. In questo caso, invece, l’unica cosa “altra” è proprio l’America.
I giornalisti italiani ed europei che raccontano l’America hanno questa piccola deformazione professionale: parlano dell’America come se fosse l’Italia o l’Europa. Le categorie politiche che usano sono quelle europee di destra, sinistra, socialdemocrazia. Alla base di queste categorie c’è un unico fenomeno: lo statalismo. L’idea che il governo debba guidare e dirigere la società: è questo il chiodo fisso e l’unica idea che i giornalisti hanno per concepire la politica e i rapporti tra Stato, individuo e società. Ma per l’America tutto ciò non vale. Il presidente americano rappresenta sì la nazione, ma il governo è solo una parte della variegata e pluralista società americana che ha il suo cuore e il suo fondamento nella libertà.
Il cuore americano è la libera iniziativa, la proprietà, l’intraprendenza, il lavoro della propria intelligenza, la produzione della ricchezza per la conduzione della vita secondo libertà. L’intervento del governo nella vita sociale, delle imprese, delle famiglie non è la regola ma l’eccezione e siccome è una regola che va contro la storia e la natura degli Stati Uniti d’America – nati da una rivoluzione liberale – le politiche dirigiste e socialiste che i Clinton e Obama hanno interpretato con la progressività fiscale erano destinate prima o poi alla sconfitta elettorale. La piccola e la media borghesia si sono riprese non solo ciò che loro spetta di diritto ma anche ciò che loro compete per dovere per sostenere l’America come la terra in cui il lavoro della classe media garantisce a tutti la libertà. Non c’è sogno americano o mito americano o come diavolo volete chiamarlo senza la borghesia piccola e media la quale, appunto, “media” tra opposte tendenze che mettono a rischio la libertà e lo fa non perché è borghese ma perché lavora autonomamente e vuole continuare a farlo. Chi conosce bene il sogno americano – che costa fatiche e sacrifici ma che ricompensa con dignità e benessere – o il cuore americano o la mente americana non sono i giornalisti o gli intellettuali ma i tanti nostri emigranti – gli italo-americani, gli italiani d’America – che negli Stati Uniti hanno trovato quanto non avevano in Italia: la libertà di fare.
Il regista Michael Moore, che aveva annunciato la vittoria di Trump, ha scritto su Facebook che gli esperti, i giornalisti, i sondaggisti che si dicono “scioccati” e “sconvolti” per la sconfitta della Clinton e la vittoria di Trump dovrebbero essere licenziati e ammettere di aver vissuto in una bolla. Bolla americana ma anche bolla italiana perché da quando il giornalismo è stato ridotto a comunicazione i giornalisti vivono, pensano e scrivono all’interno di un’unica grande bolla che ha al suo interno tante altre bolle in cui si raccontano le cazzate dello storytelling, del politically correct mentre la realtà è una perfetta sconosciuta. Quando poi la realtà si manifesta la si dipinge a tinte fosche – ora va di moda usare la parola “pancia”, come se fosse possibile vivere senza – perché mette in crisi i buoni sentimenti della narrazione e l’illuminismo di scarto del politicamente corretto. Così i giornalisti oltre a farci sapere che loro amano tanto il Boss, nel senso di Bruce Springsteen, e leggono (dicono) Pastorale americana fanno anche come facevano i marxisti di una volta che dinanzi alle ripetute smentite della storia invece di cambiare teoria preferivano cambiare i fatti. E così il politicamente corretto è diventato il politicamente corrotto.
Grazie molto,Giancristiano, per aver scritto la verità. Alle persone italiane che su Facebook, beffano,deridono il nostro nuovo Presidente eletto,Donald Trump, dico Vergognatevi. Giornalisti come lei , con integrità ,purtroppo sono pochi. GOD BLESS YOU.