di Billy Nuzzolillo
Se un tempo le verità inconfessabili del potere erano coperte dal silenzio e dal segreto, oggi la guerra contro la verità è combattuta sul terreno delle parole e delle immagini. E così può capitare che il corrispondente locale di un giornale arrivi al punto di scrivere un articolo su una sentenza che in realtà non è stata ancora pronunciata.
E’ accaduto nei giorni scorsi a Sant’Agata dei Goti, feudo amministrativo di Carmine Valentino, dove il corrispondente del quotidiano Il Mattino, Giuseppe Pescitelli, a proposito della vertenza sulla bacheca dell’ex cinema Italia ha scritto che il tribunale ha dato ragione al Comune. Peccato che, come hanno precisato i fratelli Giancristiano, Giorgio e Dario Desiderio, il giudice non si è ancora pronunciato e quindi la sentenza non è ancora uscita.
Spiegano infatti i fratelli Desiderio, nella lettera meritoriamente pubblicata ieri dallo stesso quotidiano Il Mattino, che “la notizia infondata è attribuita al tribunale ma è dedotta arbitrariamente dall’affissione di un manifesto nella bacheca. Inoltre, l’articolo riporta alcune disposizioni di servizio attribuite al sindaco del municipio di Sant’Agata dei Goti (segretario provinciale del Pd) che le ha adottate nella piena consapevolezza (per aver ricevuto una preventiva diffida protocollata al comune) che la proprietaria del locale e della pertinenziale vetrina che insiste sulla parete posta tra le due entrate è nostra madre Isabella Melenzio”.
La signora Melenzio è da anni gravemente malata ed è coinvolta in questa tristissima vicenda al di là della sua volontà. Ed era per tale motivo che i figli avevano pensato di riconoscere al Comune l’uso della vetrina (ma non certamente la proprietà), certi che l’amministrazione santagatese avrebbe avuto la sensibilità di evitare alla madre l’amarezza di una vicenda rispetto a cui non può difendere le sue ragioni e la storia della sua famiglia.
“Ma la sensibilità umana è un po’ come il coraggio di don Abbondio: se un uomo non ce l’ha, non se la può dare – spiegano i fratelli Desiderio -. Il giornalista con una puntuale cronaca dei fatti avrebbe potuto restituire alla vicenda un po’ di decoro e decenza. Invece, sia con l’ultimo articolo, sia con quello pubblicato il giorno stesso della causa, ha fornito una cronaca irreale tanto da provocare nei lettori un pregiudizio rispetto a fatti “sotto giudizio” sui quali ancora non vi era (e non vi è) accertamento. Ora ritorna sull’argomento mentre il giudice sta valutando le carte: una palese scorrettezza che fa capire come l’articolista non faccia cronaca ma si inerisca nel contraddittorio per esaltare le ragioni del Comune e mortificare quelle del privato cittadino”.
Non a caso l’articolista ha sempre omesso di dire che le chiavi della vetrina sono state spontaneamente consegnate dalla famiglia Desiderio, poiché quello che a loro interessa non è difendere il possesso, ma il diritto di proprietà.
“Dai titoli pubblici – si legge ancora nella lettera pubblicata da Il Mattino – la parete su cui insiste la vetrina risulta essere di proprietà della famiglia Melenzio da oltre cinquanta anni, mentre il Comune (che di titoli scritti non ne ha) sostiene di averla usucapita per il possesso ultraventennale. Piscitelli poteva raccontare bene la storia, dicendo che la causa in corso è una possessoria: ma ha scelto di non farlo. Anzi, dando disinformazione ha parlato di proprietà, ingenerando nei lettori l’idea che la nostra famiglia stesse tentando di appropriarsi di un bene pubblico. E’ vero esattamente il contrario. Quella bacheca anni addietro era la vetrina di un bar, che prima ancora utilizzava quello spazio per la pubblicità dei liquori. Gli anziani ricorderanno il Bar Vittorio, che nel 1958 esponeva lì l’insegna del Campari. Poi il Cinema … Gentile concessione di nostro nonno l’uso gratuito al gestore della vetrina, per anni ricambiato a noi nipoti con l’accesso gratuito alla sala cinematografica: quel nonno (padre di nostra madre) che con i propri scritti ha dato lustro alla Città, tanto da meritare di essere ricordato dalla Pro Loco attraverso la Biblioteca M. Melenzio. Forse il problema è proprio lì: recenti fatti di cronaca (sfuggiti al corrispondente locale de Il Mattino) avrebbero dovuto indurre ad una lettura diversa dei fatti e degli antefatti. Il Comune quella biblioteca intitolata a nostro nonno non è riuscito a chiuderla, perché il TAR ha sanzionato con la sospensiva i provvedimenti dell’amministrazione. Ben poca cosa è l’aver ottenuto la spontanea chiusura di una vetrina. Il cronista aveva tutti gli elementi per dare una corretta e completa informazione, come per anni il padre di nostra madre ha fatto illustrando la storia di Sant’Agata dei Goti in spirito di servizio e verità. Ma, purtroppo, ha preferito omettere fatti, manipolare notizie e ora addirittura inventare sentenze”.
Insomma, un classico e tristissimo esempio di disinformazione, confezionato nella terra di un sindaco che un tempo prometteva “miracoli” e oggi, invece, appare sempre più essere un “miracolato”.