di Giancristiano Desiderio
Il tribunale amministrativo regionale della Campania ha accolto il ricorso della Pro Loco di Sant’Agata dei Goti e ha bloccato la delibera della vergogna che intimava lo sfratto alla Biblioteca Melenzio. I miei lettori ricorderanno la vicenda che un paio di mesi fa riempì le pagine della cronaca e della politica locale e approdò anche sulla stampa nazionale con articoli su il manifesto, il Giornale, Corriere del Mezzogiorno e Corriere della Sera. Scrivo questa nota proprio per informare i lettori e quanti – tanti, oltre mille furono le firme della petizione – sostennero la libertà della Biblioteca Melenzio come, ad esempio, gli amici de ilvaglio.it – Carlo Panella, Gianni Festa, Anteo Di Napoli, Teresa Simeone – , l’Associazione Italiana Biblioteche e anche studiosi come Marco Caponera, Francesco Postorino, Luigi Iannone, Amerigo Ciervo ma anche amici, giornalisti e politici come Gian Antonio Stella, Alessandro Gnocchi, Eleonora Barbieri, Giuseppe Fortunato, Billy Nuzzolillo, Luigi Del Gaudio, Antonio Medici, Alberto Febbraro, Pasquale Viespoli, Gennaro Malgieri, Clemente Mastella, Nunzia De Girolamo. Dunque, a tutti voi io dico grazie perché avete creduto alla bontà della mia denuncia e avete difeso un sodalizio culturale che ha un solo torto: ha creato una biblioteca là dove la biblioteca non c’era.
La sentenza del tribunale, alla quale poi farà seguito una seconda sentenza nella primavera del 2017, non si limita a ritenere legittima la richiesta e la giurisdizione amministrativa ma riconosce pienamente che la Biblioteca Melenzio è un bene pubblico che va tutelato. Dunque, non è vero che un gruppo di cittadini – Claudio Lubrano, il sottoscritto e i soci della Pro Loco – si sono impossessati di un bene pubblico, come sosteneva l’amministrazione comunale santagatese; piuttosto, è vero l’esatto contrario ossia che dei cittadini si sono uniti e hanno creato una biblioteca e offerto un servizio garantendo così alla comunità di riferimento un bene che la stessa amministrazione comunale non garantisce. In altre parole, ciò che fa sì che un bene sia pubblico non è la proprietà ma la funzione. Come la scuola per sua natura è pubblica per definizione, non importa che sia privata o statale, allo stesso modo una biblioteca che svolge un servizio aperto agli altri è pubblica e gratuita.
Questi concetti, che oggi sono esposti dalla sentenza del tribunale, li ho spiegati in tutte le salse all’amministrazione comunale. Ma, si sa, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Infatti, la giunta comunale non voleva sentire le mie libere parole perché invece di tutelare la Biblioteca Melenzio, come era suo dovere fare, riteneva di doverla sfrattare ricorrendo ad ogni mezzo legalistico che la gestione degli uffici comunali gli metteva a disposizione. In altre parole, piegava la legge a interessi di parte. Ora, però, la giunta comunale deve sentire le parole della sentenza del tribunale e deve applicare la sentenza facendo marcia indietro. La Biblioteca Melenzio ha vinto una battaglia di libertà e lo ha fatto non solo per sé ma per il valore universale della libertà espressiva.
L’amministrazione comunale – che è guidata dal segretario provinciale del Pd – ha fatto una figuraccia perché – come si dice in gergo tecnico – ha pestato la merda. L’errore, peggiore di un crimine, è stato commesso su un terreno delicato per Sant’Agata dei Goti e per Benevento: la cultura. Intorno alla cultura si fa molta retorica e si frigge l’aria con il risultato che quando la cultura diventa per la imprevedibilità degli eventi una cosa seria allora, cadono le foglie di fico, e rimangono esposte le vergogne. Per carità, si stenda un velo di pietà. Tuttavia, si dicano le cose come stanno: una giunta comunale che fa di tutto per sfrattare senza giusto motivo un sodalizio culturale e che si spinge fino a negare la libertà della cultura ma viene sconfessata da un tribunale amministrativo deve fare un’ultima cosa: andare a casa. La situazione amministrativa di Sant’Agata dei Goti è tragica ma non è seria. Lo sanno tutti. Anche le pietre. Anche le pietre longobarde di Benevento. Qualcuno li faccia scendere per evitare che continuino a fare del male a un comune che hanno portato al totale fallimento. Il consiglio comunale di Sant’Agata dei Goti dovrebbe essere subito convocato per discutere e accettare la sentenza del tribunale ma il presidente del consiglio ha il coraggio di un don Abbondio e la maggioranza genuflessa priva come è non solo del senso delle istituzioni ma del più elementare e ironico senso del ridicolo non è in grado di indicare la strada giusta. La indico io: a casa.