di Corrado Ocone
Ci vuole coraggio a scrivere un libro sulla verità. Chi ha oggi la voglia e il tempo di riflettere su un tema apparentemente così lontano dal nostro orizzonte di vita, così superato e démodé? Se uno dei fini di Giancristiano Desidertio, filosofo sannita di scuola crociana, era quello di provocarci, di dimostrare che quel tema non può mai essere considerato inattuale, bisogna dire che l’ha pienamente raggiunto con la pubblicazione del suo penultimo libro (nel frattempo è uscito anche Lo scandalo Croce): La verità, forse. Piccola enciclopedia filosofica dai greci allo storicismo (Liberilibri, pagine 264, euro 16).
Inattuale, il tema della verità non può essere mai perché è nella sua dimensione che si dà l’apertura stessa del mondo che viviamo; perché ogni nostro dire e fare ne presuppone l’esistenza; perché c’è un’intrinseca sua necessità, è vitale proprio come l’aria che respiriamo. E poco importa se ne siamo consapevoli o meno. Anzi, a maggior ragione se siamo inconsapevoli della necessità della verità ci conviene metterla a tema. Prima di tutto per evitare, ci dice Desiderio, che essa si tramuti nella verità della necessità, cioè nella pretesa di poterla possedere una volta per tutte e di poterla imporre agli altri per il loro bene. Quante volte questo ribaltamento è stato compiuto nel Novecento, il secolo del trionfo dell’ideologia e dei tanti massacri compiuti in nome della verità! La filosofia, gli intellettuali, non sono mai innocenti se non hanno la forza di tenere viva quella necessità della verità che è fatta insieme di controllo e abbandono. E qui, per farci capire a cosa pensa, Desiderio usa come esempio il gioco del calcio, che per lui è metafora della verità correttamente concepita e della libertà umana. Il calciatore, spiega, deve avere un buon controllo della palla ma poi la deve mettere in gioco, deve lasciarla andare. In sostanza, la verità esiste, la si può vivere o tenerla sotto controllo, ma non si può ritenere di averla acquisita una volta per tutte. Va rimessa in discussione e ripensata continuamente a partire dai dati che ci dà la realtà (sempre nuova e imprevedibile) e dalla stessa interazione fra gli umani.
E’ la verità storicistica, che si esprime nel giudizio ed è sempre una risposta, mai definitiva, a domande concrete e puntuali. Essa si è affermata, sconfiggendo le pretese della Verità assoluta, attraverso un’evoluzione del pensiero che Desiderio ripercorre con chiarezza e linearità, dai Greci a Croce attraverso Cartesio, Vico, Kant, Hegel. La consapevolezza attuale porta a vedere il pensiero, cioè l’organo della verità, come qualcosa che appartiene a tutti gli uomini, senza che il filosofo possa accampare particolari pretese, come pure è avvenuto nella tradizione teologica e poi accademica. La filosofia “mostra tutta la sua carica umana perché non è una materia d’insegnamento scolastico ma una libera attività umana: la filosofia necessità di uomini dall’animo libero”. E qui si apre tutto il discorso del rapporto fra Verità e Libertà, che, in una concezione storicistica, non può che essere una relazione di consonanza. Così come la verità ha senso se converte i pregiudizi e i dogmi, nonché le menzogne più o meno interessate, in tesi razionali, così la libertà è la continua lotta degli uomini per affrancarsi dai miti, dai dogmi e dalle pretese del potere. Tanto che una domanda, come diceva quel tale, sorge spontanea: e se il liberalismo non fosse altro che la filosofia considerata nel suo lato pratico?