di Marco Lombardi
Davvero Croce è ancora prigioniero del totalitarismo culturale italico? Un totalitarismo prima fascista, poi comunista, sempre illiberale? Me lo domando, dopo aver letto l’ultimo libro, provocatorio sin dal titolo, di Giancristiano Desiderio: Lo scandalo Croce. Quel vizio insopportabile della libertà ( liberilibri, pagg.112, 15 euro).
Un volume elegante e ricco di pathos, che mette a frutto la lezione crociana: creare opere unitarie, partendo da saggi in parte editi. In questo caso, sei: originariamente destinati a convegni, incontri e altrettante occasioni di confronto. Nella capillare conoscenza che Desiderio ha del suo autore, senti la lezione di Raffaello Franchini: crociano tanto fedele quanto spregiudicato, il cui magistero si esplicò, con eguale passione, nelle aule e sulle terze pagine dei giornali. Credo che la polemica antiuniversitaria sia il modo paradossale scelto da un allievo intelligente, per rendere omaggio al professore con cui si è laureato.
L’ Università: luogo pervicacemente dedito, per Desiderio, ad ingarbugliare una filosofia che, al contrario, è risposta chiara e pulsante del pensiero alle urgenze della vita. La filosofia di Croce, affidata ad una prosa purissima che tutti possono gustare e capire, è una filosofia democratica: soda, senza ismi e soverchi giri di parole.
Va benissimo sbertucciare l’accademia. Siamo però sicuri che l’intera cultura italiana del secolo scorso sia una sorta di Spectre? La Spectre, prima nera poi rossa, che combatte una subdola guerra anti-crociana con l’arma letale del fraintendimento. Resta il fatto incontrovertibile che certi accademici – da Bobbio a Sartori, da Debenedetti a Contini, passando per Chabod – ci presentano un Croce disincrostato da provincialismi e banalità interpretative. Senza andare troppo indietro e rimanendo dalle nostre parti, faccio i nomi odierni di Giuseppe Galasso, Emma Giammattei, Fulvio Tessitore, Domenico Conte. Le loro pagine scolpiscono un pensatore classico, diagnosta della crisi della civiltà europea e dei suoi possibili rimedi.
Poco convincente mi sembra, inoltre, l’irrisione di Desiderio nei confronti delle critiche circostanziate alle incomprensioni di Croce: per le scienze dure e per talune scienze umane, psicoanalisi e sociologia in primis. Mi permetto, sommessamente, di aggiungere l’esibito disinteresse per la musica. E siccome il venerato – da Croce – Hegel scriveva che tutte le arti tendono verso la musica……
Parliamo allora dei limiti di Croce. Un modo laico, crociano secondo me, per liberarlo, a centocinquant’anni dalla nascita, dalla gabbia della riparazione postuma a tutti i costi.