di Amerigo Ciervo
Secondo il grande filosofo (e matematico) Leibniz, mai, in verità, abbastanza studiato, è possibile individuare nel mondo un ordine organizzato e libero: “Supponiamo che qualcuno segni a caso sulla carta una quantità di punti: dico che è possibile trovare una linea geometrica la cui nozione sia costante e uniforme.” Lo prendo in parola e cercherò di ritrovare quella famosa linea non tra punti geometrici ma in tre fatti, diversissimi fra di loro, eppure significativamente vicini. Partiamo, come è necessario e doveroso, dalla pagina di storia scritta ieri nella nostra città. Non temo di usare quella parola. Storia? Certo: storia. Se una comunità intera attende, in una delle attività che simbolicamente connota, giusto o sbagliato che sia, maggiormente la nostra epoca, un risultato prestigioso per molti anni, fortemente lo desidera e, infine, dopo molteplici delusioni, l’ottiene, ci troviamo di fronte a uno snodo che, si comprenderà, non è possibile rubricare sotto le voci dell’ovvio o della quotidianità. In che modo la squadra di calcio di Benevento ha vinto il campionato? Amici competenti, di cui molto mi fido, mi raccontano di un gruppo di ottimi giocatori, guidati da un tecnico esperto, capace di costruire un’idea di gioco (che è poi, sostanzialmente, un’idea di vita) e di trasmetterla alla squadra, di una società in grado di supportarne al meglio l’organizzazione e, infine, di una passione forte, genuina e coinvolgente dei tifosi. Sono stati i politici a portare il Benevento in B? Certo che no. Si accede a una categoria superiore esclusivamente per il merito, che è frutto di impegno rigoroso, di costante lavoro, di vera passione. Sarebbe opportuno, a tale proposito, che i politici beneventani, tutti, senza eccezione, se ne stessero muti e si limitassero ad applaudire e ad esultare, insieme a tutti i tifosi, per il trionfo sportivo, evitando di utilizzare lo strumento della vittoria sportiva per altri fini. Ma aggiungerei un’altra idea a riguardo. Il successo del Benevento, al di là di tutte le conseguenze positive, sia economiche che di immagine, per la città e per la provincia, dovrebbe divenire, per tutti noi, una lezione di etica civile. I risultati, nella polis, si possono raggiungere e si raggiungono svolgendo al meglio la funzione che siamo – tutti – chiamati ad assolvere. Come, mi pare, bene hanno saputo fare l’allenatore Auteri e i calciatori del Benevento, ai quali, sia solo per questa ragione, vorrei inviare un grandissimo grazie.
Il secondo fatto riguarda l’ormai nota vicenda della biblioteca “Melenzio” di Sant’Agata de’Goti. Anche qui ci troviamo di fronte a una storia in cui a contare è essenzialmente il merito. Quello di un valentissimo giornalista e scrittore, Giancristiano Desiderio – amico mio, certo, ma entrambi con proprie idee, le più diverse, sul mondo e sulla storia – per il quale, e grazie anche alla collaborazione di Claudio Lubrano e di un gruppetto di giovani volontari, la città di Sant’Agata de’ Goti si ritrova una biblioteca degna di tale nome, inserita per giunta in un circuito di rete. Martedì scorso ho avuto finalmente la possibilità di visitarla, in occasione di un seminario del professore Pecora su Gaetano Salvemini. Cosa dire? Fossi sindaco – prospettiva che rientra nel periodo ipotetico di terzo tipo, ossia quello dell’irrealtà – una simile struttura me la terrei ben stretta. Anzi, farei di tutto per farla crescere ancora. Ma, spesso, la politica, dalle nostre parti, non percorre le strade del merito, quanto piuttosto quella dell’appartenenza. Da “Il Mattino” di sabato apprendiamo come il segretario provinciale PD e sindaco santagatese, entusiasticamente commentando l’arrivo a Benevento di Maria Elena Boschi, ritenga la riforma costituzionale, che reca il nome della ministra medesima, “un atto fondamentale che cambierà verso al nostro paese, con una rinnovata attenzione al Mezzogiorno d’Italia”. Non sarebbe male un chiarimento. A questo “nuovo verso” è ascrivibile anche la scelta della famigerata delibera? Credo che i libri ci rendano liberi. E che, leggendone molti, si riesca, con merito, a meglio comprendere la complessità del mondo. Un ministro scellerato se ne uscì, qualche anno fa, con una frase che mi riesce difficile giudicare se più rozza o più volgare: Con la cultura non si mangia. Il ministro era Tremonti, uno degli esponenti più importanti dell’allora centrodestra. Ma una delibera che chiude, di fatto, una biblioteca non risponde, forse, alla medesima logica? Proprio oggi ci viene annunciato che il Cipe ha sbloccato un miliardo per la cultura e due miliardi e mezzo per la ricerca? A cosa serviranno questi soldi? E’ probabile essi serviranno anche per aprire qualche biblioteca in più. Ma, intanto, non sarebbe opportuno lasciare aperte quelle già funzionanti? Amici democratici, abituati a intervenire in rete e sui giornali quando si tratta di propagandare Jobs Act e “buona scuola”, e che, ora, mi apparite muti e silenti, cosa pensate di questa vicenda? Non sarebbe opportuno un ripassino degli articoli nove e trentatre della Costituzione?
Il terzo e ultimo fatto riguarda la Rua Catalana, il gruppo musicale beneventano che, per un pelo, ha mancato il palco del concerto del 1 maggio. Metto subito le mani avanti: il gruppo non mi è indifferente, perché formato da due miei figli e da altri tre giovani che ben conosco. Ma non darò un giudizio estetico sulla loro musica. Esiste, anche nella critica, il cosiddetto conflitto d’interesse. Insomma: la Rua Catalana s’è fermata a Eboli. O, per meglio dire, è stata fermata a Eboli. Unico gruppo campano presente al contest, i ragazzi si sono visti sfilare la possibilità di esibirsi a Roma dall’unico voto negativo di un ex-musicista salernitano, riciclatosi critico e produttore e, in ultimo, giudice implacabile. Per fortuna la vita non termina con i contest e si continua a suonare (e a suonare bene) anche senza Roma. Ma trovandosi davanti a un consiglio di classe, in cui otto docenti su nove esprimessero, su un alunno, un giudizio di ottimo e uno solo ne capovolgesse il valore, il preside qualche domanda dovrebbe porsela. Per l’alunno dell’esempio, vivaddio, quella determinata disciplina potrebbe essersi rivelata problematica. E’ possibile. Ma, nella vicenda della Rua, di una sola materia si tratta. Non di nove. Ed è molto probabile che la valorizzazione del merito, in quest’avventura, non abbia molto contato. A differenza dell’aureo campionato del Benevento, per la cui vittoria è assolutamente lecito esprimere, una volta ancora, grande gioia e profonda compartecipazione. E che Leibniz mi perdoni.