di Giancristiano Desiderio
Billy Nuzzolillo voterà Sì ma vorrebbe poter votare No, io invece voterò No ma vorrei poter votare Sì. Lo so, è tutto ingarbugliato ma in Italia, per dirla con Flaiano, la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Dunque, per far chiarezza non voterò né Sì né No e me ne starò a casa, come credo farà la grande maggioranza degli italiani che ha altro a cui pensare e che vorrebbe avere una politica energetica degna del nome senza star a perder tempo con le fisime di questo o quel presidente di Regione che per suoi interessi politici butta a mare sia l’acqua sporca che non contribuisce a pulire sia il bambino delle nostre limitatissime risorse energetiche.
Il quesito referendario sulle trivellazioni nell’Adriatico, entro le 12 miglia dalla costa, è poca cosa. Riguarda l’eventualità che le compagnie petrolifere ottengano o no una proroga fino a quando non si esaurisca il giacimento. Veramente poca cosa. Anche perché dall’altra parte del “lago Adriatico”, sulle coste croate, di trivelle ce ne potrebbero essere e ce ne saranno a volontà (ma in Croazia ho visto il mare più pulito del Mediterraneo, con l’eccezione sarda). Tuttavia, il referendum ha assunto un suo valore – come si usa dire – simbolico per motivi che esulano dal merito. Chi è contrario alle trivelle – così si argomenta – è favorevole all’ambiente, alla salute, al turismo, alle fonti alternative di energia e naturalmente alla cultura che – il mantra è questo – è il nostro vero petrolio. Viceversa, coloro che sono favorevoli alla trivelle – e nel vocabolo trivelle c’è un evidente pregiudizio negativo, ma in realtà si tratta di piattaforme ed estraggono metano – se ne fregano dell’ambiente, della salute, del turismo, sono contrari alle fonti alternative di energia e quanto alla cultura sono dei mostri insensibili che hanno come loro unico scopo gli affari. Come al solito è questa più o meno la qualità del dibattito in cui il merito – cioè il problema reale da discutere – è solo un pretesto per fare castelli in aria e dividere italiani e umanità secondo civiltà e barbarie, bene e male.
Il circo mediatico italiano è vittima dei suoi stessi pregiudizi. Uno dei pregiudizi più duri a morire è quello delle fonti alternative di energia. L’idea è molto semplice: invece di avere energia con idrocarburi e nucleare rivolgiamoci alle energie rinnovabili – sole e vento – che sono belle, buone e pulite e ci permettono di vivere tanto bene in pace con tutti. Peccato che si tratti di una scemenza – diventata purtroppo, questa sì, un affare grazie agli incentivi finanziari europei – perché tutta l’energia che viene dal sole è solo una illusione trasformata in una favola popolare. Non solo l’energia solare – sole e vento – non risolve i nostri problemi energetici ma non è in grado neanche di affrontarli. La nostra civiltà – quella nella quale sputano anche coloro che vi mangiano abbondantemente – non si regge sulla cosiddetta energia ma sulla potenza ossia sulla velocità con cui l’energia è trasferita. L’energia solare sta alla dinamo di una bicicletta come la potenza energetica sta ai muscoli che pedalano. La nostra civiltà – quella che ci veste, ci lava, ci sfama, ci trasporta, ci illumina, ci soccorre e ci sopporta – non ha bisogno di trasformare energia ma di produrla. L’energia solare non è l’energia del futuro ma del passato perché non è in grado di sostenere il nostro fabbisogno energetico che domani potrà essere soddisfatto solo dal nucleare al quale l’Italia ha stoltamente rinunciato. Naturalmente, ha rinunciato a produrre ma non ad acquistare perché non ne può fare a meno. Come acquista gas, come acquista petrolio. Se questa potenza energetica fosse sostituibile dalle energie rinnovabili saremmo davvero scemi a non farlo ma non lo facciamo perché è impossibile. Purtroppo, questa è l’Italia: un paese in cui si fanno referendum sull’impossibile pensando o inducendo a credere che basti abrogare una legge o farne un’altra per avere energia, benessere e sconfiggere i draghi.