di Billy Nuzzolillo
“Devo sapere, conoscere, entrare nelle vite delle persone per capirle. Il nostro dovere non è arrestare qualcuno e mettergli le manette per fare bella figura con i superiori e magari prendersi l’encomio. Noi siamo pagati per garantire i diritti, per migliorare, nel nostro piccolo, il mondo che ci circonda, migliorare la vita delle persone, anche di un ubriacone”.
Roberto Mancini, il poliziotto che con le sue indagini scoprì con quindici anni d’anticipo il disastro della Terra dei fuochi, spiegava così ad un collega la sua vision professionale. La testimonianza è riportata nel libro Io, morto per dovere (Chiarelettere, 2016), scritto a quattro mani dai giornalisti Luca Ferrari e Nello Trocchia con prefazione di Giuseppe Fiorello, l’attore siciliano che ha interpretato il ruolo di Mancini nella fiction televisiva della Rai Io non mi arrendo.
Un testo che è un doveroso omaggio alla figura del poliziotto romano ucciso da un cancro il 30 aprile 2014. Un investigatore che vent’anni fa già conosceva nomi e trame di un sistema criminale composto da una cricca affaristica in combutta con la feccia peggiore della malavita organizzata e con le eminenze grigie della massoneria. Aveva scritto un’informativa rimasta per anni chiusa in un cassetto e ritenuta non degna di approfondimento.
Mancini era cresciuto tra le fila della sinistra extraparlamentare negli anni confusi e violenti della contestazione. Manifestazioni, picchetti, scontri di piazza, poi la scelta della divisa, per molti incomprensibile e spiazzante. Per lui del tutto naturale. E non aveva dimenticato quel passato, tant’è vero che si recava al lavoro con Il manifesto sotto al braccio. Eppure non aveva mai chiesto di entrare nella Digos perchè, spiegò una volta a un collega, “non mi piace lavorare sulle idee”. Gli piaceva, invece, cercare di capire il territorio in cui operava, persino attraverso la lettura delle scritte sui muri, perchè voleva migliorare il mondo che lo circondava, la vita delle persone. Anche di quelle del triangolo della morte. La sua è stata una grande storia di passione, impegno e coraggio.
“Roberto – ricorda Giuseppe Fiorello nella prefazione – diceva la verità, per questo è morto. Lo ha ucciso il cancro, che ha contratto proprio mettendo le mani in quel territorio che gente senza scrupoli e senza rispetto per il futuro ha riempito di veleni. Ma prima ancora della malattia lo ha ucciso l’indifferenza, la connivenza, l’omertà di quegli uomini senza anima, senza fede, legati a giri d’interessi che non guardano in faccia a nessuno. Come tutti i grandi martiri che hanno voluto bene all’Italia, Roberto è morto per noi e deve stare tra le eccellenze del nostro paese, perchè è una bandiera della legalità e dell’onestà civile, e ha dimostrato che ci sono valori per affermare i quali vale la pena di andare avanti contro tutto e tutti, a qualsiasi costo”.
Una storia, quella del poliziotto comunista, che dovrebbe essere letta nelle scuole al pari di quella di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica barbaramente ucciso la sera del 5 settembre 2010.
Storie di piccoli-grandi eroi da custodire gelosamente nel cuore di quanti ancora credono e lottano per un futuro migliore.
Autore: Luca Ferrari, Nello Trocchia – Editore: Chiarelettere – Pagine: 168 – Prezzo: € 15,00 – ISBN: 978-8861907942