di Antonio Medici
Alle pendici dei monti tra Campania e Molise, un territorio difficile roccioso, aspro, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università del Sannio, conduce un progetto di implementazione di allevamento suino all’aperto con l’azienda agricola Mastrofrancesco. Attraverso un’accurata selezione genetica, il pascolo all’aperto in regime semibrado controllato, un’alimentazione a base di derivati di cereali coltivati dall’azienda stessa nel rispetto delle regole del biologico, l’impiego di integratori antiossidanti naturali prodotti dell’Università stessa, i professori Pasquale Vito, Ettore Varricchio e Caterina Pagliarulo sono riusciti a creare le condizioni affinché si ritragga da un maiale chiaro, opportunamente selezionato geneticamente, una carne e soprattutto un grasso dal profilo gusto-olfattivo assai simile a quello della pregiata razza nera casertana. Il risultato è eccezionale perché l’opera degli studiosi ha consentito di coniugare le esigenze produttive (adeguata produttività degli animali e loro maggiore resistenza alle malattie tipiche del pascolo all’aperto), ambientali (il progetto ha previsto anche la realizzazioni di capannine in legno a basso impatto ambientale), gustative e di rispetto degli animali che vengono a trovarsi nelle condizioni di massimo benessere.
La migliore materia prima non assicura le migliori pietanze, è noto. Decine, centinaia, migliaia di lombi, pesci, filetti, melanzane, pomodori, uova e persino semplici grani di pepe, cristalli di zucchero e polveri di cacao reclamano una condanna per le violenze subite dalle mani ruvide di cuochi dal palato di ghisa che quotidianamente stuprano ingredienti eccellenti o banalmente buoni.
Per fortuna, e la fortuna non è cieca come si vuol far credere, le preziose carni dei suini che, in una nuova accezione fenomenologica, potremmo definire universitari, finiscono nelle mani Dino Martino, titolare dell’azienda Mastrofrancesco. Lavora con passione, pazienza, dedizione e con approccio affatto prevedibile, sovverte l’idea della cucina di agriturismo, eccessivamente condita, eccessivamente sapida, falsamente tipica e genuina, frequentemente devastante.
Accade così che un evento organizzato dalla delegazione AIS di Benevento, condotta con piglio sicuro ed intelligente intraprendenza dalla sommelier Mariagrazia de Luca, si trasformi nella (ri)scoperta di metodi di cottura di piatti tradizionali e nuove interpretazioni. Sulla piastra metallica della vecchia cucina a legna Zoppas, in un immenso tegame di terracotta, “pippea” per un tempo immemore il ragù; con la temperatura indefessa e morbida, appena più di quella di un sole primaverile concentrato su una lana scura, il passare dei minuti e delle ore fa si che lo stillicidio di umori di “tracchie” e cotiche avvoltolate intorno ad un morbido quanto lindo pezzo di grasso di pancia di maiale impregnino il sugo di pomodoro. Quel tegame sovverte il tempo del vegetarianesimo e la tradizione del robusto che riscalda e gonfia. Il ragù tanto è saporito, tanto è soave, l’organismo lo metabolizza senza sobbalzi.
Sulla stessa piastra una guancia di maiale, pezzo che la doppiezza del mercato considera di minor pregio, cuoce eternamente, quasi sfaldandosi. Lo chef ne compone uno sformato con una polenta di crusca ottenuta da doppio setacciamento di macinato di grani antichi. Tripudio di sapori e consistenze, ricchezza di aromi e sensazioni.
In un capanno aziendale è stato riprodotto un fornello pugliese, una sorta di piccola camera di cottura in cui il calore di una brace ardente è contenuto e diffuso per la particolare tecnica di costruzione ed i materiali impiegati. Lunghi spiedi appoggiati alle pareti del fornello infilano “bombette” di Martina Franca: involtini di capocollo fresco farcito con caciocavallo. La cottura è lentissima e richiede un riposizionamento continuo degli spiedi. Il risultato è un morbido boccone saporito e succulento.
Salumi impareggiabili, serviti in apertura, restano impressi nella memoria a chiudere ogni ricordo di una cucina che meraviglia.
Agriturismo Mastrofrancesco
Contrada Piana, 262 – Morcone (BN)
Ci sono stato ed ho vissuto tutto quello scritto . La perfezione culinaria e l’accoglienza del titolare rendono il luogo di altri tempi , dove il sapore dei cibi miscelato alla bellezza del luogo regalano giorni di permanenza indimenticabili