di Antonio Medici
Diciamo la verità, l’idea di regalarci o regalare a Natale un libro che ha per sottotitolo “piccola enciclopedia del sapere filosofico dai Greci allo storicismo” difficilmente lambirebbe la volontà di chiunque voglia esser soave e amabile almeno nel periodo di festa. Dico la verità, non avrei mai letto un testo dal titolo “La verità, forse” se non l’avesse scritto una persona capace di stare a tavola con allegria e di ordinare baccalà in umido non appena appresane la disponibilità dal menù orale, urlato dal cameriere agli astanti di una tavola nascosta in una trattoria periferica.
Tra l’altro l’idea di verità, come ci ricorda Giancristiano Desiderio proprio nelle prime pagine del suo scritto, è circondata dal sospetto, avendo per un verso ispirato e giustificato feroci crimini da parte di coloro che ritenevano di esserne gli unici depositari e per altro alimentato incertezze laddove, per effetto del moltiplicarsi e diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa, ad una verità se ne sovrappongono in pochi minuti altre (basti considerare qualsiasi storia/notizia che apprendiamo in rete e che trova in rete immediatamente diverse versioni, diversamente vere). Sennonché il libro, a dispetto di ogni pregiudizio scoraggiante, con uno stile godibile e nient’affatto pedante o accademico, tant’è che si riesce ad arrivare in fondo senza grandi fatiche, propone una riflessione sulla verità intesa come conoscenza necessaria per vivere bene, obiettivo che ci sta particolarmente a cuore.
Riflettendo sulla Verità, d’impulso l’idea di abbinamento cade su un Pinot Noir di Borgogna giacché lì risiede la verità enoica. Viver bene, tuttavia, implica anche il non farsi odiare e giacché la bottiglia francese ha un costo che, pur comprensibile, ingenera un certo disappunto, è bene ripiombare sulle patrie vigne, in Liguria in particolare, regione enologicamente sottovalutata.
Abbarbicata su pendii scoscesi, presa tra il mare e le alpi, a due passi dalla Francia, la vigna singola Posaù, radicata in terreni pietrosi, e la sapiente arte della cantina Maccario Dringenberg regalano un vino che sembra parlare a chi lo beve, imponendogli di valutare piuttosto che l’asprezza della terra, la spigolosità delle viti antiche, il nero bruciato da sole e vento dei tronchi vecchi, l’armoniosità asfissiante del paesaggio, l’aspra tenerezza dei fiori selvatici, la delicata robustezza dei quarzi. Il Rossese di Dolceacqua Posaù (millesimo 2013) corposo di speziature e mineralità, accarezza, coinvolge, rapisce con una trama fine, elegante e avvolgente di morbidi petali e piccoli frutti. Lunghi echi aromatici definiscono una persistenza non comune. Un bicchiere che schiude ad una dimensione di pace e piacere, contraltare e ricompensa della guerra e della fatica che occorrono per allevare vigne in condizioni estreme.
Un libro e una bottiglia fuori dagli schemi per un regalo di libertà.
La verità, forse
Piccola enciclopedia del sapere filosofico dai Greci allo storicismo
Liberilibri – pagg. 264
€ 16
Rossese di Dolceacqua superiore Posaù 2013
Cantina Maccario Dringenberg – San Biagio della Cima (IM)
€ 17,00