Il vero obiettivo era il calcio. A Parigi i terroristi islamici volevano la strage allo stadio. Il massacro del Bataclan, con i ragazzi e le ragazze uccise secondo esecuzione e spietatezza, era una seconda scelta. Il colpo grosso doveva essere l’esplosione del kamikaze allo stadio, davanti alle telecamere e sotto gli occhi del presidente francese Hollande. Sarebbe stata la rappresentazione dell’Inferno. Una bolgia di vivi e di morti in diretta televisiva. Per fortuna – per fortuna – il piano non è riuscito. Ma dobbiamo essere consapevoli che l’obiettivo era proprio questo: il calcio.
Non voglio mischiare sacro e profano, ma è fin troppo evidente che nella tragedia del terrore islamico su scala mondiale il calcio ha la sua importanza. Non è un caso che passando dalla Francia alla Germania, da Parigi ad Hannover, da Hollande alla Merkel, la scena non è cambiata: si è scelto, per il pericolo terroristico, di non giocare la partita tra la Germania e l’Olanda che era in programma. Lo scopo della strategia del terrore islamico è proprio questo: non farci più giocare.
Ancora in una partita, questa volta a Istanbul, prima dell’amichevole tra Turchia e Grecia, durante il minuto di silenzio in memoria delle vittime di Parigi, sono arrivati i fischi, i cori “Allahu Akbar” mentre dall’altra parte dell’Europa nello stadio di Wembley c’era un’altra amichevole tra Inghilterra e Francia e tutti hanno cantato insieme la Marsigliese. Mettetela come volete, ma in questi giorni che stanno sconvolgendo lo spirito europeo – forse, chissà, lo stanno svegliando – al centro c’è proprio il calcio con il suo divino pallone. Non è un caso.
I terroristi hanno fatto un calcolo tanto semplice quanto vero: volevano colpire Parigi e l’Europa durante una partita di calcio perché in questo modo “spettacolare” avrebbero potenziato in modo esponenziale il loro atto e avrebbero colpito davvero al cuore l’Europa, come l’11 settembre vennero colpiti al cuore gli Stati Uniti d’America con gli aerei che entravano ed esplodevano nelle Torri Gemelle. Per noi il calcio, proprio in questa occasione storica e drammatica, è molto di più di una partita. La qualità del calcio è prima di tutto antitotalitaria. Se si può giocare a pallone è perché non c’è un padrone assoluto del pallone. Allo stesso modo per la vita: se si può vivere dignitosamente e secondo libertà è perché non c’è un padrone assoluto della vita. Il calcio ha già vinto una volta contro i totalitarismi di Hitler e di Stalin. Dovrà vincere anche contro il terrorismo islamico che ha provato a usarlo per non farci più giocare. Ma è un calcolo sbagliato: il pallone non tollera padroni e vuole solo giocatori che si sappiano mettere in gioco per far giocare la partita. Solo un dio ci può salvare, diceva con enfasi un filosofo tedesco che giocò da ala sinistra. Il dio pallone ci può salvare perché ci permette di continuare a giocare la nostra partita antitotalitaria. Ecco perché dobbiamo continuare a giocare.