Non abbiamo paura dell’Isis e del terrorismo islamico. Abbiamo paura di noi stessi. Non abbiamo paura di subire attacchi. Abbiamo paura di attaccare. Non abbiamo paura della paura. Abbiamo paura del coraggio. Ciò che ci disturba degli attentati di Parigi è che chiedono una reazione che noi non vogliamo dare e che se daremo lo faremo di malavoglia. Perché noi cosa vogliamo? Vogliamo essere lasciati in pace. Vogliamo continuare a vivere come abbiamo fatto fin qua: vogliamo vivere nel benessere. Il vero problema della modernità europea non è l’Isis, ma il benessere gratuito che si trasforma in malessere dell’anima. Il terrore islamico che colpisce una città simbolo dell’Europa moderna è una scocciatura perché ci mette davanti agli occhi la cosa più antica del mondo che abbiamo rimosso: la pace e la libertà non stanno senza la lotta per la pace e la libertà.
La differenza tra un uomo civile e un barbaro non è nello spirito civile del primo e nella violenza del secondo, ma nella consapevolezza che la civiltà deve avere della validità relativa della propria cultura che, però, è disposta a difendere senza indietreggiare. Noi, invece, non crediamo più nella nostra cultura della quale vogliamo i frutti ma non gli sforzi e il duro lavoro necessari per crearli e curarli. Posti davanti al male terroristico islamico siamo disposti proprio a indietreggiare e a nutrire ingiustificati sensi di colpa nella illusoria speranza di conservare così con un baratto pace e benessere che invece – è fin troppo evidente – sono un cavallo di Troia che porta nel ventre sopraffazione e malessere. Così, piuttosto che della nostra cultura che garantisce una libertà plurale siamo disposti a discutere di una multi-cultura che, nel migliore dei casi, è un pasticcio retorico; piuttosto che essere responsabili e buoni siamo compiaciuti del nostro buonismo irresponsabile. Fioriscono così tante sciocchezze in cui si usa la storia a fini politici o, peggio, ideologici, si pretende fare la solita errata-corrige al mondo per spiegare, con un maldestro determinismo, lo stato attuale delle cose che, invece, non risponde né alla storia nella storiografia – figurarsi alla cronologia – ma alla nostra coscienza presente e ai nostri governi.
Il terrore sotto casa suscita grandi dibattiti televisivi e social. La libera discussione è una risorsa della nostra cultura ma troppo spesso la discussione diventa la clasa discutidora che già era la parodia della borghesia liberale e ora è diventato il lamento dell’intrattenimento e del disorientamento organizzato. Quante banalità ascoltiamo ogni giorno come se fossero grandi verità. Gli analisti più fini arrivano a dire che abbiamo il nemico in casa e si tratta di un nemico pericoloso perché sfugge all’identificazione e alla prevedibilità. Il giudizio del politologo e dello scienziato sociale è uguale al commento preoccupato dell’uomo qualunque. L’Europa ha tanto benessere ma non ha più cultura. Non saranno le analisi sociali a trarci fuori dalla paura e dalla minaccia. Il nemico è in casa nostra giacché noi siamo i nostri nemici perché abbiamo paura del coraggio che serve per difendere la nostra vita civile che è migliore non perché perfetta ma proprio perché è imperfetta ma libera. La libertà non è né innocente né gratuita e noi europei dobbiamo imparare a reggere il peso della nostra stessa umanità resistendo alla tentazione diabolica delle eterne anime belle.