di Antonio Medici
Da tempo i più autorevoli scienziati impegnati nella lotta e nella cura del cancro e delle malattie cardiovascolari indicano quale fattore di grave rischio per la salute umana l’eccesso del consumo di carne derivante dalla macellazione di animali mammiferi, in particolare lavorata e cotta ad alte o altissime temperature. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nei giorni scorsi ha, dunque, solo conferito l’autorevolezza del proprio prestigio a quanto era sostanzialmente già noto. Le reazioni comprensibili degli allevatori e poco comprensibili dei consumatori tendono a sminuire o irridere la rilevanza dell’alert diffuso dall’OMS.
Noi prendiamo posizione per un consumo ultramoderato di carne e ci schieriamo con la pasta e lenticchie, per una questione di gusto oltre che di salute e anche per una ragione politica.
Le lenticchie, con gli altri legumi, naturali sostituti della carne nelle diete salutari per via del proprio elevato potere nutritivo, hanno oggi l’occasione di capeggiare la sacrosanta rivoluzione delle sane masse mediterranee contro le aristocrazie nordiche, avvilite dalla propria insalubre banalità fatta di stinchi, wurstel e salsicciotti vari. I legumi, dunque, da carne dei poveri a cibo dei saggi; la sanità della lenticchia ci farà sopravvivere ai tecnocrati dell’Eurotower e sconfiggere, così, la plutocrazia dell’hamburger; si realizzerà, infine, la conversione dall’Euro alla Lenticchia, non a caso emblema di ricchezza.
La nuova banca centrale non potrà che aver sede a Montedidio, sopra Chiaia, dove nelle storiche trattorie, e certamente anche nelle case private, la pasta e lenticchie ha sempre toccato le vette del sublime.
La ricchezza di sapore, oscillante tra una vaga dolcezza ed una punta di amaro e la essenziale consistenza “azzeccosa” che concentra i sapori e apporta morbidezza, conferiscono voluttà a questo piatto della più autentica tradizione popolare. L’afrore campestre sprigionato dall’olio versato a filo, a crudo, sull’impasto bollente, poi, evoca inevitabilmente la bellezza eterna ed inarrivabile della campagna, la supremazia della terra su qualsiasi manufatto umano.
Pasta e lenticchie, ci recupera ad una dimensione di schiettezza e gioia che è gusto e bellezza, sapore e meraviglia.
Latouche, il filosofo della decrescita felice, non ha mai capito che alle sue tesi mancava la teorizzazione della pasta e lenticchie; Karl Marx e Ezra Pound, d’altro canto, entrambi originari di paesi che hanno esportato una cultura alimentare fondata sul consumo di carne, non potevano prevedere che le aristocrazie capitaliste, con le cassette di sicurezza piene di azioni e bistecche, sarebbero state abbattute da una quotidiana razione di pasta e lenticchie.
Il mondo alla fine sarà libero dalla pazzia delle mucche e da quella dell’uomo che si autodistrugge.
Evviva la pasta e lenticchie, buona e salutare.