L’alluvione della valle del Calore – è bene cominciare a chiamare le cose con i loro nomi – ha qualcosa di strano. Ha fatto irruzione nella vita tranquilla delle genti del Sannio come la calata improvvisa degli Unni. Ha avuto l’effetto di un evento extra-storico – l’acqua, il nubifragio, l’esondazione – che ha modificato il corso d’acqua del Calore e la storia di Benevento e della dolorante terra sannita. Fateci caso: l’acqua ha sommerso tutto e tutti. Il Calore con la sua “dimostrazione di forza” ha letteralmente fatto scomparire dalla scena i piccoli protagonisti della politica che tra tanta acqua sono diventati pesci fuor d’acqua. Mentre la vita civile era affaccendata dietro a minimi calcoli che prendevano le sembianze di massime strategie ecco che un evento straordinario, cioè fuori dalle cose ordinarie, fa saltare per aria tutti i calcoli e ridà ad ogni cosa e ad ogni uomo il suo nome e il suo valore.
L’alluvione, lo si voglia o no, ha già cambiato Benevento. Sotto il fango della terra rivoltata da un fiume alimentato dal Bosco c’è la classe dirigente beneventana che è stata denudata mostrando vergogne e impotenza. Mentre i beneventani avevano le mani nel fango, il sindaco ha messo le mani avanti e ne è venuta fuori una commedia degli equivoci con la Protezione civile e una pantomima mentre il Calore continuava a ingrossarsi e a unire cielo e terra. I nostri tempi sono moderni e boriosi e così ci si accapiglia sulle scientifiche previsioni del tempo come una volta i saggi discutevano sul sesso degli angeli. Ma l’alluvione della valle del Calore non è il frutto di un violento e duraturo nubifragio – che da che mondo è mondo non è un’eccezione ma una regola della naturalissima stagione delle piogge autunnali – ma di un malgoverno del territorio rurale, urbano e periferico. Tutti i calcoli sbagliati delle false strategie sono stati spazzati via dall’unico calcolo vero e reale mai considerato: la Forza del Bosco.
In una densa notte di tenebre, dalla selva dell’antico Fortore sono scesi a valle nelle vene della terra acque e acque e acque, cascate e fiumi e piogge che si sono riversate nel Calore che con una volontà di potenza ignorata e insospettata dalle generazioni contemporanee ha modificato la geografia. Chi ha il Sannio negli occhi non farà fatica a vedere, col cuore in tumulto, come lo stato dei luoghi sia stato cambiato in un giorno e una notte dalla potenza delle acque che la Forza del Bosco alimentava senza soluzione di continuità. Da Paupisi a Ponte a Circello, passando per la sponda del fiume dove forse fu sepolto Manfredi, nulla è più com’era prima: né i vigneti, né i frutteti, né gli opifici. Il bene e il male del Sannio, senza distinzione alcuna di classe o fortuna, sono stati travolti.
L’alluvione ha cambiato il Sannio nell’economia, nell’agricoltura, nelle strade, nel paesaggio, nello sguardo degli adulti smarriti e negli occhi dei bambini spauriti. La nostra civile vita ordinaria e ordinata troppo spesso è il frutto avvelenato di una malintesa e mal digerita modernità alla quale tutto si delega tralasciando di pensare che anche la grande potenza della tecnica moderna nasce sul fondo oscuro di un Bosco. La tracotanza umana, al prezzo di lacrime e sangue, fango e poltiglia, è rimessa al suo posto, mentre i sacrifici di generazioni e i risparmi di famiglie sono annullati solo in apparenza dalla furia degli elementi. L’alluvione della valle del Calore ha cambiato questa terra e la sua città, ma ancora non lo sappiamo.