Il sindacato è il più grande impedimento all’innovazione della scuola. In Italia esiste esclusivamente la scuola di Stato – le paritarie sono scuola di Stato – tuttavia lo Stato non è in grado di ben amministrare le scuole. Perché? I motivi sono vari ma tra questi c’è anche quello della totale sindacalizzazione della scuola. Il sindacato ha preso possesso dell’istruzione quando il sistema scolastico, che già era napoleonico, è diventato di massa. Gli insegnanti sono stati il cavallo di Troia che ha introdotto i sindacati nella città dello spirito nella quale non dovrebbero mettere piede. Gli insegnanti, purtroppo, sono dipendenti statali – impiegati del ministero – e proprio per il loro ruolo di docenti di ruolo si sono fatti sindacalizzare rinunciando a quella che è l’essenza del loro lavoro: la libera docenza che non è un impiego ma un’arte liberale. La condizione di minorità sociale degli insegnanti è da attribuirsi in larga parte agli stessi insegnanti che non chiedono libertà ma subordinazione, non chiedono autonomia ma dipendenza badando al loro posto fisso piuttosto che alla dignità dell’ordine degli studi del loro tempo. Sapere aude ma gli insegnanti non ne vogliono sapere.
Tra scuola e sindacato non vi è sintesi – come si tende a far credere – ma antitesi. Il sindacato agisce come se la scuola fosse roba sua o, con pessima retorica, equiparando i concetti di scuola statale e scuola pubblica che invece sono diversi giacché la scuola per essere pubblica è sufficiente che sia scuola. Ma se il sindacato si sente un padre-padrone della scuola è perché gli insegnanti – ancora una volta – glielo permettono abdicando alla loro sovranità. L’idea di sindacare l’insegnamento è aberrante. Come se la Cgil sindacalizzasse il discorso di Diotima nel Sofista platonico. Come se la Cisl sindacalizzasse l’amore di Dante per Beatrice. Come se la Uil sindacalizzasse il metodo sperimentale di Galileo. Come se i Cobas sindacalizzassero il teorema di Pitagora. Tra scuola e sindacato non v’è inclusione ma esclusione. Il sindacato, per suo statuto e funzione, è l’Antiscuola. Se un insegnante è incapace va licenziato, ma il sindacato lo difende a danno della scuola. John Dewey amava dire che l’insegnante è sempre il profeta di Dio, ma in Italia è diventato il profeta del sindacato.
Il sindacato ha proclamato lo sciopero generale della scuola per difendere se stesso e la sua fortezza scolastica nella quale è impiantato come il sottotenente Drogo nella Fortezza Bastiani. Ma all’orizzonte non vi sono i Tartari che sono già arrivati ed entrati da tempo. All’orizzonte c’è solo una palliduccia autonomia scolastica che prova ad erodere il potere sindacale. Ecco perché il sindacato sciopera e ha raccolto intorno a sé l’esercito di docenti e amministrativi al grido di “la scuola pubblica non si tocca”. E’ un alibi. Ciò che il sindacato non vuole che si tocchi è la scuola del sindacato.
Siamo in Italia. Le stranezze non finiscono mai. La sindacalizzazione totalitaria della scuola ha indotto, da molto tempo, il governo ad inoculare in sé, a mo’ di vaccino, massicce dosi di sindacalismo. Così il governo, assumendo il sindacalismo come forma di amministrazione scolastica, ha finito per assumere docenti in massa. L’assunzione di oltre 100mila insegnanti che il governo Renzi si appresta a fare è la più grande operazione di assunzione ope legis che mai sia stata pensata e mai sia stata fatta. Una strategia clientelare che neanche la Democrazia cristiana ha mai fatto. Ma il governo che, venendo meno alle stesse leggi dello Stato che istituiscono il concorso dell’esame di Stato, trasforma tutti in cavalieri – Todos caballeros – è il governo che trasforma se stesso in sindacato ed esautora e rende insignificanti i sindacati che scioperano mentre il governo assume. Lo stesso Stato diventa la palestra scolastica dell’Antiscuola.
L’Antiscuola in Italia è, ormai, una cultura diffusa, così diffusa da rendere difficile se non impossibile un discorso ragionevole su Stato, scuola e libertà. E anche questa è una stranezza giacché è proprio strano che sia la scuola il luogo in cui il pensiero della libertà è fuori-luogo. Ma, come diceva Longanesi, tutto ciò che non so l’ho imparato a scuola.