Una volta Tatti Sanguineti, nella bella trasmissione televisiva inventata da Giorgio Porrà – Lo sciagurato Egidio – parlò ingiustamente ma simpaticamente male di un mio libro – Platone e il calcio – che invece la Gazzetta dello Sport trovò “stupefacente”. Voglio ricambiare il favore a Tatti Sanguineti scrivendo bene benissimo de Il cervello di Alberto Sordi (Adelphi), il suo ultimo libro “stupefacente”. Non esagero. Prima di tutto perché siamo davanti a una storia ricca di storie che sembrano non finire mai e se le ascoltiamo sentiamo narrare un pezzo della storia della nostra anima. Perché qui si parla di un’infinità di uomini e cose – attori, attrici, scrittori, sceneggiatori, registi, produttori: Sordi, Totò, Gassman, la Mangano, la Lollo, la Antonelli, la Loren, Flaiano, Fellini, Zavattini, Rossellini, Visconti, De Sica, Monicelli, Risi, Lattuada, Ponti, De Laurentiis per dirne alcuni – che indipendentemente dalla nostra volontà sono entrati nella nostra vita con battute, sguardi, illusioni che ancora ci portiamo dentro come se fossero storie della nostra famiglia. E poi perché questa sorta di zibaldone del cinema italiano ci dà davvero la possibilità di entrare nel cervello di Sordi che al secolo era quello strano animale di Rodolfo Sonego che trovò in Alberto Sordi il “mostro” capace di impersonare i “mostri” che il cervello di Sonego un po’ inventava e un po’ ricavava dal carattere italiano.
Credo che tutti almeno una volta ci siamo posti questa domanda: “Chi è Alberto Sordi?”. L’interrogativo ha un senso perché con Sordi – soprattutto con lui – i due piani che formano un film si confondo a tal punto che non si sa dove finisca la finzione e cominci la realtà, non si sa se davanti abbiamo l’uomo Sordi o l’attore Sordi. Parlo al presente perché il cervello di Alberto Sordi continua a funzionare anche oggi che non c’è più come funzionava ieri quando era in vita. La maschera – l’italiano Sordi, il romano Sordi, il truffatore Sordi, il furbo Sordi, il vile Sordi, il piccolo borghese Sordi, il vigliacco Sordi, l’uomo qualunque, Sordi il mostro Sordi, l’eroe Sordi – si è imposta su tutto e funziona come uno specchio nel quale gli italiani si possono specchiare. E’ proprio così?
Nel 1963 Giovannino Guareschi scrisse: “Alberto Sordi è la diffamazione vivente dell’italiano in Italia e all’estero”. Ma Sordi chi? L’uomo o l’attore? Insomma, Sordi era un mostro o era un mostro di bravura? Qualcosa di mostruoso comunque c’è. Quando Sonego incontra Sordi e Sordi incontra Sonego entrambi capiscono d’aver trovato ciò che cercavano. Sono diversi e opposti, tuttavia lo sceneggiatore capisce d’aver trovato un genio e l’attore intuisce d’aver incontrato “il suo cervello”. La coppia farà insieme una cosa come quarantaquattro film e tra questi Il vedovo, Una vita difficile, Lo scopone scientifico, Gastone, Il moralista, Domenica è sempre domenica, Il marito, Il vigile, Il diavolo, La mia signora, I complessi, Detenuto in attesa di giudizio eccetera eccetera. Per Sonego “Sordi non è un mostro: è un uomo semplice e pacifico. Ma è un genio, sicuramente l’attore più straordinario che esista oggi in tutto il mondo”. La sua qualità principale era quella di rendere con assoluta verità vizi che non aveva e, forse, sentimenti che non provava nella vita. Sordi aveva senz’altro una caratteristica di fondo: rifuggiva dalle idee astratte e aderiva con tutto se stesso al personaggio da rappresentare. Effettivamente, cosa può chiedere di più un commediografo?
In questo senso Sordi – per dirla col Belli, già citato nel Marchese del grillo – “non era un cazzo” perché era tutto: uno, nessuno e centomila. Se non era niente – né fascista né antifascista, né democratico né cristiano ma andreottiano, un po’ Petrolini e un po’ Trilussa, cattolico miscredente, papalino, “romano che le cose piacevoli e porche, sincere e ipocrite, generose e vili del mondo le conosce da duemila e passa anni” come disse Giorgio Bocca – se non era niente poteva essere tutto. Era un animale del bosco: veloce, mimetico, rapace. Chi può conoscere Sordi meglio del cervello di Sordi? Così la migliore definizione di Sordi è del suo cervello che, forse, aggiunse mostruosità a mostruosità: “Sordi non è un uomo colto. Non ha letto i libri, non ha letto i testi sacri, non ha letto niente, non gliene importa niente di niente. Ma ha un colpo d’occhio infallibile. E’ un’entità biologica purissima. E’ un animale selvaggio, un animale del bosco che ci vede anche di notte. Una civetta, oppure un cobra, un falco”. Una definizione mostruosa e perfetta che si addice non solo a Sordi ma anche agli italiani: anche gli italiani non hanno letto, anche se fingono di aver letto, anche agli italiani non importa niente di niente e di fidano del loro intuito e credono di essere migliori degli altri e perciò di esser capaci di fotterli. Solo che gli italiani non sono Alberto Sordi e non ne hanno il cervello. Sono indaffarati nella grande commedia che sono (siamo).