Una volta, a Parigi, in campagna elettorale, un sostenitore di Charles De Gaulle espose un cartello che diceva: “Eliminiamo i cretini”. Il generale rispose: “Il programma è troppo vasto”. E aveva ragione. I cretini sono un esercito invincibile perché, come dice il detto popolare, la madre dei cretini è sempre incinta. Ogni minuto muore un imbecille, diceva Eduardo De Filippo, e ne nascono due. Proporsi, dunque, di eliminarli è a sua volta da cretini. Il poeta Schiller lo sapeva e avvertiva: “Contro la stupidità anche gli dèi lottano invano”. Allora, non c’è altro da fare: i cretini vanno riconosciuti e, per evitare che diano fastidio, tenuti a debita distanza.
Il cretino classico non è difficile da individuare. Lo si riconosce subito perché ha di se stesso un’idea alta e considerevole mentre non è né alto né considerevole. Il cretino, cioè lo stupido, non è uno stupidotto. Quest’ultimo è un sempliciotto ossia una persona modesta che, consapevole dei suoi limiti, ha imparato con discrezione a stare al mondo. Lo stupido è il contrario dello stupidotto: tanto questo è semplice, quanto quello è superiore; tanto questo è superbo, quanto quello è umile. La caratteristica dello stupido è la completa assenza di dubbi che vuol dire la completa assenza di pensiero. Il cretino non sbaglia mai e semmai dovesse sbagliare, beh, non è lui che ha sbagliato ma sono gli altri che, stupidi, lo hanno indotto in errore. Ancora il generale francese lo diceva con chiarezza: “Solo gli imbecilli non sbagliano mai”. Questi ultimi interpretano al meglio la figura del caporale con cui Totò divideva l’umanità dicendo: “Siamo uomini o caporali?”. Il cretino è un caporale.
Il cretino è forte. La sua forza è l’ottusità. Proprio perché non è sfiorato mai dal dubbio pensante, il cretino va avanti e non vuol sentire ragioni. Del resto, la ragione è sempre dalla sua parte e lui lo sa. Il cretino in quanto ragiona in questo modo è fanatico. Niente e nessuno lo può smentire perché la sua ragione ottusa trasforma tutto in oro colato. Siamo tutti un po’ cretini ma il cretino non sa di esserlo. Questa è la sua forza. Ma mentre il cretino è solo un cretino, una moltitudine di cretini, osservava Longanesi, sono una forza sociale. Anche il singolo cretino, però, può essere una forza sociale: dipende dal posto che occupa. Il cretino in divisa, ad esempio, è senz’altro pericoloso. Intendiamoci: come l’abito non fa il monaco, così la divisa non fa il cretino. Però, può sempre capitare che un cretino vesta una divisa. In quel caso son dolori perché il cretino non solo è cretino ma è anche nelle condizioni di imporre la cretineria. Il cretino potente va reso impotente. Come? Ci sono due strade. La prima è che uno più potente e meno cretino e in più alto grado lo degradi o lo metta in condizioni di non nuocere. A volte accade, a volte no. Dipende se quello più in alto è o non è meno cretino. La seconda strada è la celebre teoria (e pratica) del pernacchio. A teorizzarla fu don Ersilio Miccio nel classico film di Vittorio De Sica L’oro di Napoli tratto dall’omonimo e bellissimo libro di Giuseppe Marotta.
Don Ersilio riceveva nel suo “ufficio” e per pochi soldi dava saggi consigli. A lui si rivolsero gli spazientiti abitanti del quartiere che non ne potevano più delle manie di grandezza del duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari che passava almeno due volte al giorno con la sua automobile nel vicolo facendo spostare tutto e tutti, uomini e donne, vecchie e fanciulli, sani e malati, cani e gatti. Così don Ersilio ci pensò e diede il consiglio giusto: “Fategli un pernacchio”. Sì, perché con un pernacchio – al maschile – si può fare una rivoluzione. Quando il duca passò nella sua auto, il suo nome altisonante – ricalcato, ahimé, sul santo Alfonso Maria de Liguori, vescovo di Sant’Agata dei Goti – fu pronunciato chiaro e forte e fu seguito da un sonoro e collettivo pernacchio che colpì la vanagloria del duca nel suo onore: il rispetto dovuto al timore. Per il cretino in divisa, come insegna un altro celebre film – I due marescialli di Sergio Corbucci con Totò, Vittorio De Sica e Gianni Agus – il pernacchio è un’arma letale perché lo uccide lasciandolo in vita. In mutande.
Il nostro tempo abbonda di cretini. In tutti i tempi ci sono i cretini, solo nel nostro, però, i cretini si possono esprimere al meglio. Tanto che Carlo Fruttero e Franco Lucentini scrissero La prevalenza del cretino. L’antichità ha conosciuto lo stolto isolato. La modernità il cretino di massa. Non c’è scampo. Nel nostro tempo il cretino è destinato a prevalere. Tutto è dalla sua parte: i diritti, la cultura, la scuola, lo stato. Tutto è fatto a sua immagine e somiglianza. La cultura, in particolare, è tagliata sul cretino ed è mezza-cultura ossia ignoranza insuperbita. Se i due scrittori segnalavano una prevalenza del cretino, oggi possiamo parlare di un trionfo del cretino. Ortega y Gasset lo aveva previsto quando teorizzò “l’uomo massa” che non è solo l’avvento delle masse al potere sociale ma la creazione di una nuova figura umana in cui non l’ultimo uomo, né il superuomo ma il mezzo uomo si è imposto come un padreterno. Il cretino pensa con tutta naturalezza di essere un padreterno e vuole, come ammoniva Einaudi, bolli, inchini e salamelecchi. Molto spesso il cretino crede di essere un padreterno perché riceve davvero bolli, inchini e salamelecchi. Basta non inchinarsi, fare un pernacchio e il padreterno ritorna ad essere solo il cretino che è.