(il Fatto Quotidiano) – Un territorio che lo scorso anno ha visto emigrare 116mila abitanti, vive il settimo anno di recessione e si prepara ad affrontare l’ottavo, perché anche nel 2015 il Pil è previsto in calo dello 0,7%. E’ il Mezzogiorno d’Italia fotografato dall’ultimo rapporto dell’associazione Svimez presentato a Roma. Pagine che descrivono il Sud come un’area a concreto rischio di “desertificazione umana e industriale”. Dove non solo aumenta la povertà (nell’ultimo anno le famiglie povere sono cresciute del 40% e i loro consumi sono crollati del 13% dal 2008 a oggi) ma si fanno anche meno figli: l’anno scorso si sono registrate più morti che nascite. Queste ultime sono state solo 177mila, il minimo storico, il valore più basso mai registrato dal 1861″. E in futuro andrà ancora peggio: “Il Sud”, si legge, “sarà interessato nei prossimi anni da uno stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili. E’ destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni, arrivando così a pesare per il 27% sul totale nazionale a fronte dell’attuale 34,3%”.
Intanto l’industria continua a soffrire, con crollo degli investimenti del 53% in cinque anni e una flessione degli addetti che ha toccato il 20%. Gli occupati oggi sono solo 5,8 milioni, il valore più basso dal 1977. “Nel Sud, pur essendo presente appena il 26% degli occupati italiani, si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi”, calcola l’associazione. “Nel 2013 sono andati persi 478mila posti di lavoro in Italia e 282mila di questi erano al Sud. Tra il primo trimestre del 2013 e il primo trimestre del 2014, l’80% delle perdite di posti di lavoro in Italia si è concentrata al Sud”. Con il risultato che il tasso di disoccupazione, secondo lo Svimez, non è del 19,7% come calcola l’Istat ma ben più alto: 31,5%. Al dualismo territoriale si unisce anche quello generazionale: l’anno scorso il tasso di disoccupazione degli under 35 del Sud è salito al 35,7%.
Quadro ancora più fosco quello tratteggiato dalla Coldiretti, secondo la quale nel 2013 tre famiglie su quattro tra quelle che vivono nel Sud hanno tagliato la spesa alimentare, riducendo la qualità o la quantità di almeno uno dei generi alimentari acquistati. Per la prima volta la spesa per alimentari è scesa sotto quella delle famiglie del Nord, invertendo una tendenza storica che vedeva le regioni meridionali destinare al cibo una parte maggiore del proprio budget. E’ la Puglia, con un -11,3%, la regione i cui abitanti hanno stretto di più la cinghia.
Di fronte a questa emergenza sociale, secondo lo Svimez l’unica possibilità è una strategia di sviluppo nazionale incentrata sul Mezzogiorno con una “logica di sistema” e basata su quattro pilastri: rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea, valorizzazione delpatrimonio culturale.