di Antonio Medici
La carta da quaderno a quadretti, la grafia elementare, il logo con il bimbo in pantaloncini corti, sorridente, scapigliato e con le mani alzate, evocano la suggestione della scuola e delle marachelle dei bambini; il marchio, “galameo”, alludendo esplicitamente al galateo, suona, poi, come un’intimazione al rispetto della buona educazione, alimentare in questo caso. Quando casualmente, nell’esposizione dell’enoteca – gastronomia ove spesso mi rifugio, ho visto il secchiello dei frollini di Dario Meo, mi si è ricomposta dietro gli occhi l’iconografia di Gianburrasca. Ed in effetti, assaggia e scopri, l’impresa dell’imprenditore napoletano qualcosa in comune col personaggio ideato da Luigi Bertelli ad inizio secolo ce l’ha. Innanzitutto a partire dalla sua produzione, i biscotti; se le palline di anilina del piccolo Giannino, colorando di rosso la minestra di fine settimana cucinata con gli scarti dei piatti di tutti i giorni precedenti, servono a smascherare, nel romanzo, la monelleria compiuta nella cucina del collegio, i frollini al latte e al cacao “galameo” svelano quanto birichine ed artificiali siano le produzioni industriali, nonostante gli sforzi dei pubblicitari per rappresentare un mondo naturale fatto, però, di mulini di plastica e galline di peluche. Il sapore di dei biscotti è talmente delicato, semplice e schietto da far riemergere con la connotazione negativa di pastrocchio il ricordo del gusto degli analoghi prodotti di fattura industriale.
Nella discussione telefonica come nelle informazioni fornite in etichetta e sul sito, Meo enfatizza il ricorso a materie prime locali di qualità. Vien da dire che è una moda o una trovata di marketing, i biscotti, però, denunciano si tratti di affermazioni veritiere: sapore di latte e leggermente di burro, nessuna acidità di ritorno, friabilità che definirei casalinga, dolcezza essenziale e resistenza anche se inzuppati.
Un che di burrascoso davvero deve scorrere nel sangue dell’artefice di queste dolcezze che ha abbandonato la sicurezza del lavoro bancario, assecondando la passione per il buono ed il sano e passare ad occuparsi di pomodorini del piennolo biologici prima che di biscotti. Mi racconta che le produzioni artigianali di qualità sono esclusivamente rivolte ai gourmet adulti, lasciando ai colossi industriali del food il mercato immenso delle produzioni per i bambini e soprattutto l’egemonia nella (dis)educazione ai sapori. Come dargli torto. Dall’insofferenza a questo stato delle cose è nata, dunque, l’idea dei frollini con la linea grafica così smaccatamente rivolta ai piccoli e destinata in fondo a sedurre anche i grandi presi e persi tra la nostalgia della spensieratezza infantile e il goloso desiderio di dolcezza.
Farine, latte e burro di piccoli produttori, il forno artigianale condotto a Roccabascerana, in provincia di Avellino, da Antonio e Marcello, il proprio estro per definire marchio e linea grafica, il secchiello in plastica, essenziale e riutilizzabile per nuove ricariche di biscotti, il desiderio forte di diffondere la cultura dei sapori veri tra i bambini, questa la combinazione messa in piedi dall’ex bancario pieno di progetti sempre lungo il solco del galateo del gusto; snack salati e missioni di informazione alimentare nelle scuole, le novità che attende di mettere in campo dopo l’estate.
Una storia gustosa in pezzi di pasta frolla chiusi in un secchiello.