Benevento è una città sotto inchiesta. Non c’è aspetto della sua vita civile, amministrativa e politica che non sia interessata da un’indagine della magistratura. Il Comune, che è guidato per il secondo mandato dall’ingegnere Fausto Pepe e dal centrosinistra, è il protagonista assoluto dell’inchiesta “Mani sulla città”: cinquanta persone coinvolte tra politici, dirigenti, imprenditori per ipotesi di reato come truffa, falso, frode, concussione elettorale. La Asl guidata da Michele Rossi – voluto in quel ruolo, come ha detto lui stesso nelle ormai famose registrazioni dell’ex direttore amministrativo Felice Pisapia, da Nunzia De Girolamo – è indagata per reati come truffa e appropriazione indebita. Le riunioni private dei suoi funzionari pubblici nella masseria del padre della ministra dell’Agricoltura sono ora approfondite dalla Procura che vuole vedere meglio negli incontri “di quel ristretto direttorio che si occupava in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale con modalità a dir poco deprimenti e indecorose, di ogni aspetto della gestione della Asl”. Basterebbero questi due fatti per capire che Benevento potrebbe mutare nuovamente il suo nome in Maleventum. Ma c’è dell’altro.
Periodicamente la città delle streghe è sconvolta. Solo qualche anno fa le inchieste che investirono Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo, che fu confinata a Roma agli arresti domiciliari, sancirono la fine del governo Prodi e di fatto il ritorno di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Proprio Mastella ha sottolineato il diverso trattamento che ha ricevuto dai magistrati e dalla politica: per lui nessuno ha invocato alcun garantismo. Facendolo notare si è beccato una serie di insulti via sms dalla De Girolamo che poi si è scusata davanti alle telecamere di Matrix. Ma la deputata e ministra “diversamente berlusconiana” non si è scusata con l’altro deputato di Benevento, Umberto Del Basso De Caro, che ha di fatto indicato come il burattinaio che avrebbe ordito nientemeno che il complotto che sarebbe all’origine dell’inchiesta sull’Asl e dell’attenzione dedicata al famigerato “direttorio”. Ciò che colpisce in questa storia beneventana, che purtroppo non è un romanzo di Piero Chiara, è che le indagini e le inchieste non riguardano la malavita di chi vive al di fuori della legge bensì la buona e bella vita di chi vive nelle istituzioni e i protagonisti non sono degli emarginati ma uomini e donne della buona borghesia beneventana. La città sana è la città malata.
Le inchieste giudiziarie hanno necessariamente dei risvolti sociali. Al comune corrisponde un bilancio pieno zeppo di debiti e all’Asl una sanità non solo mal funzionante ma addirittura inesistente. La malattia beneventana è qui evidente: le istituzioni non garantiscono progresso e crescita ma bisogno e sottosviluppo. L’altro giorno, alla Camera, la ministra dell’Agricoltura cercando di difendere se stessa ha detto che la sanità è clientela. Qui il cerchio si chiude: la cura è la malattia.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 19 gennaio 2014