I partiti italiani – chiamiamoli così – si sfasciano. Uno dopo l’altro. A destra e a sinistra. Si autodistruggono sotto il peso storico dei loro fallimenti. Il Pdl non c’è più. Ei fu. E’ diventato la sigla funebre di una coalizione che dovrebbe raggruppare i vari fantasmi del fu centrodestra. Forza Italia contraddice il suo stesso nome: rinasce per sfasciare. Prima di tutto il governo se solo ne avesse i numeri per farlo. I “ministeriali” – i “traditori” di Forza Italia come li chiama amichevolmente la Pitonessa – danno vita a nuovi gruppi parlamentari ma dichiarano la propria amicizia politica e personale a Berlusconi. Angelino è quello che al tempo del parricidio tentato ma fallito disse di sé: “Sono diversamente berlusconiano”. Ma sempre berlusconiano è. Non riesce ad essere nient’altro. Non riesce a creare un’altra forza politica. Non vorrebbe sfasciare ma non è in grado di dare vera e reale forza al governo. In niente. Né sulla giustizia, né sulle tasse, né sulla legge elettorale. Non riuscire a far niente non è un problema. Ma se sei al governo lo è.
Il Pd non è in condizioni diverse. Renzi si avvia a diventarne il padrone. Ma in molti sono tentati dalla scissione. L’ex rottamatore non li vuole rottamare e un po’ si confonde con loro. Ma non può farlo più di tanto, altrimenti perde il suo profilo, l’immagine che si è costruita: il nuovo, la soluzione. Ma Renzi, che è il nuovo, è nuovo da così tanto tempo che è già vecchio. I leader nuovi non sono all’altezza dei vecchi i quali già non erano all’altezza dei più vecchi. E’ un processo di decadimento progressista. Il Pd, orfano del Pdl, dovrebbe intestarsi con il gruppo dei “ministeriali” l’azione riformatrice del governo. Solo che il governo non sa riformare nulla e si ritrae dalla strada delle riforme come se stesse entrando nella stanza delle sedia elettrica. Il Pd non è contento perché è vero che è un partito riformista ma non riformatore. Il risultato è la legge di Stabilità più instabile che ci sia. Una politica contabile per la quale non serve un ministro delle Finanze né un governo di larghe intese ma un ragioniere. I governi partitocratici italiani sanno governare solo gestendo la spesa. Senza spesa non sanno cosa fare. La costruzione di uno Stato non è pane per i loro denti. Senza soldi per loro non c’è né lo Stato né il mercato né il lavoro né il sapere. C’è lo sfascio.
Scelta civica, che era il frutto di una scissione, si è scissa. Mario Monti è stato un leader tecnico che non è riuscito a diventare leader politico. La sua virtù è stata il suo vizio: è un professore. Scelta civica si è sfasciata in fasce. Il movimento di Grillo è figlio dei fallimenti della Seconda repubblica: l’antipolitica ha generato un movimento antipolitico che non nasconde di voler sfasciare tutto, a cominciare dall’Europa. Tutta la storia italiana è al capolinea. Una nuova Caporetto.
Il governo si regge e traballa su una maggioranza ormai diversa e più ristretta rispetto a quella che lo ha partorito. Le larghe intese si sono ristrette. La maggioranza è più stretta ma non più unita. La pacificazione ha messo capo a una nuova guerra. La Seconda repubblica è nata dalla giustizia politica e muore di giustizia politica. La Terza repubblica non è mai nata se non sotto forma di aborto. Nello sfascio totale rimane in piedi solo il Quirinale. Ma per quanto tempo ancora? Davanti al papa gesuita e francescano il presidente Napolitano ha detto che l’Italia è un Paese avvelenato e il veleno è la politica. Chi dovrebbe creare sfascia. Tutto di sgretola. Stiamo passando dal declino al dissolvimento. L’abisso dà le vertigini. Attrae e respinge. Il capo dello Stato non vuole, giustamente, che si ritorni a votare con il Porcellum. Se dovesse accadere si dimetterebbe un minuto prima. Lo Stato rimarrebbe senza capo. Sarebbe la conclusione inevitabile di una politica che, per ignoranza e impostura, non è stata in grado di costruire nulla ma solo di sfasciare il Paese.