la scorsa settimana è stata approvata in Parlamento una mia mozione sulla “Terra dei fuochi”. La triste metafora, com’è ormai a tutti noto, rende icasticamente evidente la devastazione di un vasto e popoloso territorio in cui da anni è stato perpetrato, e, ancor oggi si consuma, lo sversamento illegale e a basso costo (ma altissimo in termini di vite umane) di rifiuti industriali pericolosi e tossici, dati alle fiamme da criminali senza scrupoli per occultare le prove del delitto commesso. E si tratta – se così si può dire – di delitti ‘alla seconda potenza’, perché quelli che vengono bruciati sono ‘gli scarti dell’evasione fiscale’, delle aziende che sfuggono a qualsiasi censimento e a ogni regola di sicurezza.
Approfitto della disponibilità del suo giornale per illustrare alcuni impegni contenuti nella mia mozione e in parte accolti dal Governo.
In un momento in cui si susseguono marce e conferenze stampa, dibattiti e tavole rotonde, appelli e sottoscrizioni, val la pena indicare le priorità sul tema, senza retorica e con grande concretezza.
Innanzitutto, appare ormai chiara a tutti la necessità di completare la mappatura dei terreni inquinati. Un’attività indispensabile e propedeutica ad una loro conversione in aree no food, non escludendo la loro riconversione in una prospettiva di sviluppo fondata sulla green economy.
In secondo luogo, occorre procedere rapidamente a un programma di completa bonifica dei Siti di Interesse Nazionale e Regionale (anche rimuovendo cumuli di rifiuti ancora presenti sui territori), riservando particolare attenzione e priorità alle aree della cosiddetta Terra dei fuochi.
Sarebbe però davvero paradossale constatare che chi è responsabile del disastro si assuma poi anche il lucroso compito di riparare il danno. Occorre perciò vigilare (anche attivando all’uopo le forze di polizia e di intelligence) per scongiurare il pericolo che nelle attività di bonifica si inseriscano aziende in qualche modo riconducibili a persone o ambienti legati alla criminalità organizzata o alla mala politica.
Già, la mala politica. Nei giorni scorsi abbiamo appreso dell’assoluzione dei 28 imputati per presunti reati sulla gestione rifiuti. Tra questi Antonio Bassolino, Presidente della Regione Campania e Commissario straordinario per i rifiuti all’epoca dei fatti.
Le sentenze, ovviamente, si rispettano, ma – aggiungo – possono essere commentate. Non nel merito dei reati penali contestati (per i quali il Tribunale di Napoli è giunto all’assoluzione), ma sul piano della condotta politica. Monumento mirabile di quella stagione politica (la cui fase epigonale continua ancor oggi) sono le ‘piramidi di monnezza’ che fanno bella mostra di sé nel sito giuglianese di Taverna del Re.
Dove un tempo si coltivavano broccoli e mele annurche oggi, in un sito di stoccaggio pari a 366 campi di calcio, sono ammassate 6 milioni di ecoballe da smaltire.
Qualcuno dovrà pur assumersi la responsabilità politica di questa vergogna. O preferiamo forse ritenerci vittime di un fatal destino – cinico e baro – la cui invocazione sia in grado di coprire le colpe di una classe politica, di un sistema burocratico, ma, anche, di una ‘società civile’, che hanno assistito muti (per inefficienza, ignavia o collusione) allo scempio fin quando la melma non è giunta fino all’altezza del pomo d’Adamo? Saremmo alle soglie del ludibrio nazionale…
Nell’immediato, però, c’è un’altra beffa da evitare: che una incontrollata psicosi sia potenzialmente in grado di mettere in ginocchio il settore agroalimentare e il turismo in Campania. Non è, infatti, tollerabile che un generalizzato ‘marchio di infamia’ bolli le nostre produzioni. In quest’ottica assume importanza un serio monitoraggio dei frutti della nostra terra. Una tracciabilità che dev’essere assicurata per l’intera filiera, sin dai terreni di coltivazione: essa può e deve garantire la bontà dei nostri prodotti e rassicurare i consumatori del mercato interno e internazionale.
Non nascondo che è assai difficile trovare equilibrio tra un doveroso giornalismo di inchiesta e il contenimento della paura (sentimento irrazionale per definizione) entro i limiti della ragionevolezza.
Molti articoli di varie testate giornalistiche sono, in quest’ottica, emblematici. Mi riferisco, in particolare, a quelli che si limitano – talvolta nel breve spazio di poche righe, più o meno l’ampiezza di un necrologio – ad evidenziare un dato, terribile nella sua cruda ma ineluttabile verità: negli ultimi cinque anni, nei territori compresi nel perimetro – sempre più flessibile – della Terra dei fuochi la domanda di farmaci antitumorali ha avuto una crescita esponenziale, arrivando a sfiorare picchi del 300%.
Questo dato basterebbe da solo, nella sua oggettiva nudità, a rendere quasi superflua (ovviamente qui sfioro il paradosso) l’istituzione dei tanto discussi ‘Registri sanitari’ per il monitoraggio dell’incidenza patologica dell’inquinamento.
Aggiungo, come nota a margine, che nella Terra dei fuochi la ‘sentenza di morte’ assume la veste burocratica di un codice: 048. È quello che contraddistingue le richieste di “esenzione ticket per neoplasia”.
“048” è così diventato il numero del biocidio, un neologismo coniato per compendiare in un sol termine la catastrofe: lo scempio contro la natura, il paesaggio e la salute umana ed animale.
Nella smorfia napoletana 48 è il ‘morto che parla’: sia almeno consentito un po’ di humor nero, assumendo le vesti del dottor Stranamore di Stanley Kubric a chi, come il sottoscritto, abita proprio nel poligono della morte!
Per evitare un macabro sarcasmo e scongiurare il pericolo, prima che sia irrimediabilmente tardi, bisogna a-gi-re.
Ma, per agire, occorrono tempo e denaro. Non abbiamo né l’uno né l’altro.
Ecco, caro Direttore, devo a questo punto confessarle che nella mia mozione avevo inserito un’ulteriore priorità.
Predisporre – già a partire dalla prossima legge di stabilità – adeguate risorse finanziarie per dare immediatamente inizio alle bonifiche. Il Governo non ha inteso accogliere questo impegno. Mi è dispiaciuto, non poco. Sarebbe stato un segnale immediato e tangibile di concretezza.
Capisco le difficoltà della finanza pubblica, ma esiste forse – in un Paese in cui si parla tanto (e talvolta a sproposito) di “grandi opere” – un’opera più urgente, meritevole e “grande” di quella di restituire dignità e vivibilità a territori divenuti negli anni terre di nessuno, in cui è a rischio la credibilità e – non esagero – la stessa sovranità dello Stato?
Lo so, molti invocano leggi speciali perché i soldi disponibili nel territorio per effettuare le bonifiche sono davvero pochi (nonostante i cittadini campani paghino la Tarsu tra le più care d’Italia) e le esigue risorse disponibili risultano già in gran parte impegnate nel mantenimento di una costosissima quanto inefficiente struttura politico-burocratica.
Facendo di necessità virtù, diventa a questo punto evidente che gli indispensabili finanziamenti andranno recuperati, innanzitutto, dai fondi strutturali europei e da quelli per la coesione territoriale. Aggiungo, poi, un suggerimento che prendo a prestito da una proposta dei magistrati Ardituro e Cantone: utilizzare i beni confiscati ai clan per avviare il risanamento ambientale, a cominciare dalle bonifiche dei territori avvelenati per decenni proprio dalla criminalità organizzata. Sarebbe, tra l’altro, una felice applicazione dell’aureo principio: “Chi ha inquinato, paghi”.
In riferimento al tempo, sarò drastico: non ne abbiamo più!
Siamo dei dead men walking, secondo le tristemente note dichiarazioni del pentito Schiavone.
La truce e ossimorica immagine rischia, paradossalmente, di trasformarsi in terribile realtà.
La gente, la nostra gente, muore. È una lotta contro il tempo!
Forse non è ancora irrimediabilmente tardi, ma occorre fare presto.
Le audizioni di Schiavone risalgono al ’97. L’istituzione della commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti risale a due anni prima. Bisogna recuperare circa venti anni persi.
Ce la faremo? Sicuramente abbiamo il dovere di non demordere.
Lo dobbiamo ai comitati di cittadini, alle mamme pasionarie, ai preti di frontiera, ai medici ambientalisti, alle maestre delle nostre scuole che educano i bambini a coltivare la speranza, a non arrendersi. Quei ragazzi che un domani ci chiederanno conto del nostro operato.
Non c’è più spazio per la retorica e per le discussioni accademiche. Occorre agire e fare presto!
‘Fate presto!’, fu il titolo famoso di un quotidiano napoletano all’indomani del terremoto dell’Ottanta, poi divenuto un’icona della Pop Art, grazie al genio creativo di Andy Warhol.
Ecco, in conclusione, vorrei contribuire scongiurare due eventi, entrambi al confine tra il tragico, il comico e il patetico.
Primo: che qualcuno possa ritenere la Campania destinata ad essere un’avanguardia di una post-modernità decadente, cui si addicono scenari da Blude Ranner. Magari proponendo un grand tour della monnezza o ritenendo ‘pittoreschi’ i rifiuti che invadono le nostre strade (come sottolineò qualche anno fa Damien Hirst).
Secondo: che ancora una volta la retorica prevalga sull’azione concreta.
Mi spiego: sarebbe intollerabile che alle mozioni presentate, discusse ed approvate nell’aula di Montecitorio non corrispondano provvedimenti efficaci seri e tempestivi da parte del Governo.
“Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”, diceva Tito Livio.
“Mentre o’ medico studia, o’ malato more”, mi ha detto il tassista Gennarino ieri sera, accompagnandomi a casa.
(tratto da Il Denaro)
* deputato della Repubblica del gruppo Scelta Civica per l’Italia