I prodotti agricoli campani sono guardati con sospetto. Da tutti. Peperoni, zucchine, broccoli, cavoli, mele, pere, susine, patate, fagioli, piselli, pomodori sono sorvegliati speciali. O sono controllati o non saranno venduti. I produttori sono infelici perché perdono quote di mercato. I consumatori sono preoccupati e per mangiare senza pensieri devono essere o scrupolosi e verificare cosa mettono in tavola o, al contrario, fatalisti e affidarsi alla fortuna. La situazione dell’agricoltura campana nel suo insieme – non solo nelle terre di Caivano e Casal di Principe, non solo nell’Agro sarnese-nocerino – è drammatica a tal punto che l’antico nome di Campania felix sembra uno sberleffo della storia. A torto o a ragione i prodotti campani non sono considerati sani e la grande distribuzione si avvia al “boicottaggio”. Che potrebbe mettere in ginocchio l’agricoltura della Campania perché i suoi alimenti non sarebbero buoni né per l’esportazione, né per il mercato interno e nemmeno per l’autoconsumo regionale. Un vero e proprio dramma economico e sociale.
Tuttavia, la ministra delle Politiche agricole, la sannita Nunzia De Girolamo, ha detto più volte e lo ha ribadito anche l’altro giorno a Roma, al Tempio di Adriano, poco prima che al Big Tent parlasse il presidente di Google, Eric Schmidt, che bisogna “far tornare l’agricoltura figa”. Proprio così. Lasciamo stare lo stile linguistico, che può avere anche una sua proprietà e, invece, guardiamo al concetto. Con questa espressione la ministra intende dire che il “settore primario” deve diventare di moda, deve fare tendenza, tanto negli alimenti agroalimentari quanto nei posti di lavoro, perché – come ha detto in altre occasioni – “contadino è bello”. Insomma, l’agricoltura deve essere cool cioè “fresca”. Le cose, però e purtroppo, non stanno così proprio nella regione della ministra: qui la verdura, che deve essere fresca per natura, è ritenuta addirittura avvelenata e così non potrà mai essere cool o, per dirla con la ministra, figa.
La situazione agroalimentare della Campania è serissima e non può essere affrontata con una tanto banale quanto vana politica della comunicazione. L’agricoltura deve essere figa? Ma qua è piuttosto sfigata. Talmente triste e infelice che la commistione sul territorio di prodotti agricoli ed ecoballe a cielo aperto e veleni sottoterra nuoce non solo alla salute di chi vive nelle aree colpite ma anche ai piccoli agricoltori che, lontani dalle zone inquinate, offrono al mercato prodotti sani e genuini. La Campania è forse l’unica regione italiana ed europea in cui la produzione a chilometro zero non ha senso. Ed era già la regione in cui il contadino si è avviato all’estinzione, rimpiazzato dagli extracomunitari.
La ministra ha annunciato che il 22 ottobre accompagnerà personalmente in visita alla Terra dei fuochi il vicepresidente del Consiglio Alfano che così potrà “vedere cosa accade”. Dopodiché, per provare a uscire da un incubo e non per “far tornare l’agricoltura figa”, bisognerà governare.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno dell’11 ottobre 2013