Il pubblico è il dodicesimo giocatore in campo. Negli stadi italiani è diventato ormai qualcosa di più: l’arbitro delle partite e una sorta di società occulta capace di condizionare le società sportive. I casi dei cori razzisti lo confermano: le tifoserie più estreme, con le norme e sanzioni disciplinari, invece di essere depotenziate vedono aumentare la loro volontà di potenza. Il “caso Milan”, con la squalifica del campo, fa discutere perché se è vero che la Federazione non ha fatto altro che adottare la norma Uefa, è anche vero che l’applicazione italiana della norma si presta non poco a diventare un boomerang. La disciplina è diventata una spada di Damocle sui campi di calcio ogni volta che c’è una partita particolarmente attesa o un derby. I cori auto-razzisti e auto-denigratori – e auto-stupidi – di una frangia di tifosi napoletani lo confermano. La filosofia di fondo della norma Uefa è la tutela della dignità della persona ma il risultato è opposto: sempre più la persona è esposta alle offese che possono diventare strumentali per danneggiare i club. Non sembra questa la strada giusta per contrastare il razzismo. Piuttosto, appare necessario intervenire nelle tifoserie per evitare che siano una società antisportiva dietro la società sportiva. Spesso, infatti, le tifoserie sono così potenti da riuscire a dettare la linea alle stesse società. Qui è istruttivo il “caso Evacuo” che richiama subito alla mente i fatti di Genoa dello scorso campionato.
Il Genoa giocava con il Siena. Era sotto di quattro gol ed esplose la contestazione durissima degli ultras che richiamarono i giocatori e imposero loro una pesante umiliazione: “Toglietevi la maglia”. Anche a Benevento è accaduta una cosa molto grave. I tifosi giallorossi, dopo aver visto che il loro attaccante Felice Evacuo a fine partita aveva salutato i suoi ex sostenitori della Nocerina, hanno scritto un delirante comunicato stampa intimando alla società calcistica del Benevento di rescindere in serata il contratto “senza attendere decisioni altrui” e hanno invitato – si fa per dire – il giocatore a “lasciare la città entro lo stesso termine”. Insomma, gli ultras beneventani hanno condannato, con processo sommario, il loro attaccante all’ostracismo per il reato inesistente di lesa maestà della tifoseria giallorossa. La cosa più grave di questo comunicato non è nel delirio ma nella convinzione che possa e debba diventare la linea ufficiale del club giallorosso. Fortunatamente, non lo è diventata. Il presidente Vigorito, sia pure dopo un “primo tempo” di dubbi e incertezze, ha respinto l’idea di mandare via Evacuo: “Il giocatore resta”. Tuttavia, ha aggiunto: “Domani ci sarà il video con le scuse”. Proprio così. E il video, purtroppo, è arrivato e ci mostra l’infelice Evacuo disorientato e intimorito che dice, tra le altre cose: “Ho creato un problema ma non volevo mancare di rispetto ai tifosi”. Ma Evacuo non ha creato alcun problema. Semmai è Benevento che ha un problema con la Curva Sud.
Tra l’ostracismo chiesto dai tifosi e il video di Evacuo che in sostanza chiede scusa c’è di mezzo la mediazione della società che non si piega al diktat degli ultras ma cerca una composizione. Forse, la strada era obbligata. Il prezzo da pagare, però, è molto alto: l’umiliazione del giocatore. Il quale non ha ricevuto attestati di stima e vicinanza ma è stato quasi lasciato solo nel più classico e incivile “tutti contro uno”. Certo, la società ha recuperato in calcio d’angolo confermandogli stima e fiducia, i suoi compagni di squadra hanno fatto giustamente squadra con lui e anche una buona parte di tifosi ha scelto di “tifare” per Evacuo. Eppure, in qualche modo Evacuo è stato lasciato solo. Ma quand’è che va salvaguardata la dignità della persona se non nel momento in cui la persona rischia di essere schiacciata moralmente dal peso dei più e dei molti che sono forti del loro conformismo? Il giudizio sul gesto di Evacuo non è quello della opportunità o inopportunità bensì quello della legittimità e della libertà del calciatore che a fine partita ha voluto mostrare riconoscenza ai Molossi con un semplice saluto. E, come diceva Zavattini, vorrei vivere in un paese dove “buongiorno voglia davvero dire buongiorno”. Chiedete scusa a Evacuo.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 9 ottobre 2013