Liberalismo senza teoria è una strana formula perché il liberalismo è immaginato, se non proprio pensato, innanzitutto come una teoria della libertà. Se il liberalismo lo si priva della teoria, cosa rimane? La storia, mi viene da rispondere o, se volete, la libertà stessa giacché la storia è storia della libertà, sia pure in senso diverso dal motto di Hegel. Ad usare l’espressione “liberalismo senza teoria” – formula che equivale a quest’altra: “liberalismo storicistico” – è Corrado Ocone che ha voluto intitolare così il suo ultimo libro: Liberalismo senza teoria (Rubbettino). L’intenzione di Ocone – che, dal momento che parlo del suo libro su queste “pagine”, continua la bella tradizione dei crociani sanniti – è manifesta e dichiarata: pensare un liberalismo che non sia il risultato della costruzione di una dottrina procedurale della libertà – da Locke a Rawls – ma rintracciare nella storia e nella cultura un pensiero e una pratica della libertà che siano più concrete, più succose, più vivaci e che si nutrano più di lotte, dubbi, critica, pluralismo e meno, molto meno, di astrattezze dottrinarie. Questa strada Ocone la individua in una linea che partendo da Montesquieu – “il primo grande liberale” – e passando attraverso una critica dell’Illuminismo e una bella rivalutazione di Humboldt giunge al pluralismo di Isaiah Berlin. Tra i pensatori di un liberalismo senza teoria Ocone non inserisce Croce. Per due motivi: primo perché in Croce una “teoria” c’è; secondo perché la teoria della libertà di Croce è anti-teorica e se Ocone l’avesse inserita in un capitolo autonomo avrebbe corso il “rischio” di una critica anticrociana così formulata: “Ma in fondo la lettura di Ocone è la riproposizione del liberalismo crociano”. Allora, invece di esporre le interpretazioni di ogni autore presente nel libro, credo sia meglio affrontare il cuore del problema che è in quel “senza teoria”.
Liberalismo senza teoria significa liberalismo senza fondamento e, a sua volta, “senza fondamento” significa che non c’è una teoria capace di fondare o individuare la verità ultima e definitiva su cui costruire un ordine o un’istituzione (liberale) infallibile. Questa posizione è schiettamente crociana e anche se a Croce non è dedicato, se non di striscio, alcun capitolo, è pur vero che il pensiero del filosofo napoletano è una guida sicura per intendere il libro. Non a caso la frase in esergo con cui si apre il testo è ripresa dal Contributo alla critica di me stesso: “La perfezione di un filosofare sta (per quel che mi vuol parere) nell’aver superato la forma provvisoria dell’astratta ‘teoria’, e nel pensare la filosofia dei fatti particolari, narrando la storia, la storia pensata”. Potrei dire – come ho detto nel mio Lo spirito liberale (Liberilibri) – che il liberalismo senza teoria è la filosofia che ha fatto i conti con se stessa fino a portare in soffitta l’idea di un sapere trascendete capace di dare un senso alla vita umana una volta e per sempre e si è acconciata ad essere un più umano ma anche più faticoso e rigoroso giudizio storico. E’ in questa dimensione storica della conoscenza umana che nasce la libertà umana con le sue diversità e gli inevitabili conflitti ed è da questa concretezza storica che si ravviva un liberalismo più solido e sensato rispetto alle varianti del giusnaturalismo, dell’illuminismo, del positivismo. Unire verità e potere per dare un senso unico alla vita non è più dato, ma siccome la tentazione è sempre forte e presente, il liberalismo si presenta prima di tutto come una critica delle mistificazioni e delle manipolazioni che oggi non scarseggiano di certo. Il liberalismo, come giustamente ripeteva Croce con la parola e con l’esempio (particolare, quest’ultimo, fondamentale), non è una dottrina – perfino la teoria della separazione dei poteri non è in grado presa per sé di garantire libertà – ma una concezione della vita in cui la coscienza ha preso atto che non è più possibile ricondurre la vita ad una sapere assoluto o trascendente. La libertà nasce prima di tutto da una limitazione del concetto di verità che altro non può e non deve che ri-conoscere i limiti. Aveva proprio ragione Nicola Matteucci quando sottolineava che in fondo la filosofia dei distinti ci fornisce una sorta di “fondamento” del pluralismo. Ecco perché agli stessi storici o studiosi accademici delle idee liberali, i quali dicono e ripetono che in Croce non trovano una dottrina capace di istituire le libertà, va risposto che non la trovano perché cercano nel posto sbagliato. Da questo punto di vista suggerisco al lettore interessato al libro di Corrado Ocone di iniziare la lettura dall’ultimo capitolo, quello dedicato a Norberto Bobbio, che bene descrive la parabola del pensatore di Torino passato dalla sua predilezione per il giusnaturalismo e Locke e i congegni istituzionali e giuridici alla riflessione più vera e sentita sulla storia e la libertà come forza morale.
Caro Giancristiano se ” Il liberalismo, come giustamente ripeteva Croce con la parola e con l’esempio (particolare, quest’ultimo, fondamentale), non è una dottrina “. Visto che il Nostro votò la fiducia a Mussolini subito dopo l’assassinio di Matteotti, doveremmo constare che di liberale nella fattispeciei aveva ben poco. Questo ci rivela la storia, non l’idelogia che è sempre portata ad esaltare impropriamente la vita, le gesta e il pensiero di alcuni personaggi al di là dei loro meriti prescindendo dalle loro azioni.