Napoli è una città maledetta condannata all’infelicità storica. Forse non è un caso se Giacomo Leopardi ne rimase stregato e qui decise di vivere i suoi ultimi anni di vita.
La tragica e violenta morte di Alessandro Riccio e Emanuele Scarallo, due ragazzi di appena 18 e 16 anni, travolti da una Smart che li inseguiti e arpionati facendoli sbalzare mortalmente dal loro scooter nel cuore della notte in via Posillipo è l’ennesima ferita sanguinante inferta sul corpo piagato di Napoli.
E’ la reazione vendicativa di un giovane rapinato del proprio iPhone mentre era appartato al parco Virgiliano con la sua fidanzata. Della gang – pistola in pugno- sembra appartenessero anche i due giovanissimi già noti ai terminali delle forze dell’ordine per rapine, reati contro il patrimonio e qualche scippo. E’ un avvilimento, una disperazione: Napoli rantola. Vite bruciate e vissute in fretta.
Da queste parti un adolescente ha già visto tutto. Alessandro da due mesi era diventato padre di un bambino. Emanuele sarebbe diventato genitore tra qualche giorno. Tre mesi fa era uscito da una comunità di recupero. Aveva sbagliato. Certo e chi non sbaglia in una metropoli abitata da diavoli? Alessandro era il suo amico-fratello. Vite cariche di sofferenza e dolore. Si, il dolore di non riuscire a cambiare il proprio destino già inesorabilmente scritto e inevitabilmente segnato. Nessuna speranza. Una maledetta iettatura. E’ come vivere in apnea con il vento solo e sempre controcorrente. Alessandro non sorrideva più. Mascelle serrate e occhi carichi di rancore. Quattro mesi fa ha perso il padre: l’hanno trovato suicida. Sono storie maledette. Sono storie senza uscita di sicurezza. Sono storie più buie della mezzanotte. Ci sono pezzi di città abbandonati ad una sopravvivenza animalesca. I buchi neri si allargano catturando larghe fette di città: Rione Sanità, Materdei, rione Forcella, Quartieri Spagnoli, Pallonetto di Santa Lucia senza dimenticare le periferie.
Scriviamo di muschilli, di giovani senza avvenire, senza né arte e né parte lontani dalle pratiche della camorra ma non lontani dalla sopraffazione come stile di vita a perdere. Alessandro e Emanuele sono morti sul colpo. I loro corpi avvinghiati si sono sfracellati prima sul taglio del marciapiede e poi contro una cabina di smistamento di un gestore telefonico. Uno schianto drammatico. Una morte atroce, un vero orrore. In questi casi ci si lava mani e coscienza : “se la sono cercata”. E sotto al tappeto si nasconde la polvere. E’ una emorragia. E’ il buio dell’anima di una città che non sa più cosa è. Alessandro e Emanuele non si sono salvati, ma altri potrebbero salvarsi se solo i napoletani tutti, li riconoscono loro figli. La città è divisa.
La città è straniera a se stessa. La città non si riconosce più. Geograficamente è Napoli ma potrebbe essere un posto qualunque. C’è un ceto arrogante e tracotante in ascesa. Un miscuglio di egoismi senza né etica, né valori. C’è poi un blocco borghese conservatore che amministra cinicamente una rendita aristocraticamente detenuta per discendenza e spia dal buco della serratura. Infine ci sono i rietti, i disperati, la carne da macello: una plebaglia indigena e istintuale abbandonata e priva di tutto. All’occorrenza usata e sfruttata dai primi due strati di popolazione per ottenerne servigi e esercitare una finta coscienza morale pubblica.
Taglio corto con i sociologismi. Siamo alle corde. La giustizia farà il suo corso. Ma i corpi dilaniati di Alessandro e Emanuele pesano sulla coscienza dei napoletani. Non so come se ne esce. Vorrei sbagliarmi ma la linea di confine tra il bene e il male a Napoli si è assottiglia. Basta un istante, uno sbandamento, una pazza idea per ritrovarsi dall’altra parte e finire male. Non ci sono vie d’uscita. La città è alle corde. Adesso e non domani occorre un intervento del Governo, serve un piano speciale per salvare intere generazioni del meridione d’Italia sbandate e fagocitate. Investire su di loro per investire sul futuro del nostro paese. Ma niente soldi a pioggia distribuiti ai soliti noti, ai professionisti dell’associazionismo, agli amici degli amici, alle lobby del bene ma risorse per riqualificare la scuola pubblica con l’introduzione del tempo pieno, costruire collegi, rilanciare i mestieri, sviluppare la cultura delle botteghe artigianali, soccorrere con interventi concreti le famiglie problematiche.
La città è sanguinolenta. E’ una silenziosa guerra che si combatte tra eserciti di disperati. Ecco sinceramente scrivendo Alessandro e Emanuele erano ragazzi perduti che nessuno è riuscito ad aiutare e questa è una grave colpa. Più che carnefici Alessandro e Emanuele mi sembrano solo due vittime innocenti di quella indifferenza che ha contagiato e sta facendo morire Napoli.
(tratto dal blog de il Fatto Quotidiano)